Ven. Apr 19th, 2024

Lotta con quartiere

Bologna. Sono vecchi pensionati, ex operai, che hanno vissuto stagioni di lavoro e lotta, e non hanno smesso di credere che, nonostante tutto, un ordine può essere ricostituito, una pulizia fatta, un decoro ripristinato.


Bologna, quartiere Mazzini. La vita in questa città, ritenuta da molti città ideale, pone molti spunti di riflessione, partendo dal basso. Università, immigrazione interna ed esterna, radicamento. Ma la vecchia rossa signora, riesce ancora a stupirci. 


di Diana Vitale



Un grembiule con stampe tirolesi su un abitino svasato, oppure uno scamiciato, una tuta da officina, ciabatte, scarpe da lavoro.

Agguerriti e puntuali, al mattino sul presto, arrivando armati delle loro scope, sacchetti, forbici, palette, secchi. Calzano guanti di gomma da cucina, o da  magazzino, e puliscono.

Li vedo scuotere la testa, sconsolati e delusi, ma determinati a ripristinare ordine, pulizia e decoro. Parole antiquate come loro, vecchi pensionati, ex operai, che hanno vissuto stagioni di lavoro e lotta, e non hanno smesso di credere che, nonostante tutto, un ordine può essere ricostituito, una pulizia fatta, un decoro ripristinato.

Non le loro case, ma le parti antistanti ai loro giardini, gli spazi comuni delle palazzine post belliche di questo quartiere fuori dalle mura, le strade davanti ai loro cancelli. 

Prima di tutto le erbacce e gli escrementi dai marciapiedi, una bella spazzata. Bottiglie di birra, lattine, cartacce, mozziconi di sigarette. Tutto rigorosamente differenziato.

Poi una sistemata  al verde dei viali, una potata ai rami, magari si aggiunge una piantina nelle aiuole che ci sono lungo la via.

Infine si passa ai bidoni. Lì è una guerra senza quartiere. Raccologono tutto quello che vi è intorno, tutto ciò che viene  lasciato  fuori,  forse da chi non ha le idee ben chiare su come dividere la spazzatura. 

Il cassonetto dell’umido ha una chiave di plastica verde. Per l’indifferenziata serve una card personale. Tutto il resto è aperto.

Tuttavia è un fiorire di sacchetti, vestiti, piccoli mobili, vecchi divani. Loro dividono, armati di seghetti e cesoie, riducono in minini termini quello che non passa dall’apertura. Portano abiti e scarpe nel contenitore della Caritas ,  poco lontano, caricando tutto in piccoli carrelli.

Chiamano il Numero Verde per i rifiuti ingombranti, non loro.   Ma il “non loro” è loro comunque. E’ il loro quartiere, sono i loro marciapiedi. Sono loro e li rendono nostri. 

Testardi e tenaci, sconsolati e delusi. Ci riconsegnano ordine, pulizia e decoro, ostinatamente, ogni giorno.

Non delegano. Nel mio condominio non c’è mai stato un amministratore esterno, lo si fa a turno. Tuttavia  per i lavori con Ecobonus che faremo, si è deciso, a maggioranza, di affidarci ad un professionista. Noi abbiamo delegato.

Un vecchio condomino di minoranza, ha fatto un appello accorato, facendo leva sul nostro senso di responsabilità del bene comune, che nessun mercenario avrebbe avuto a cuore come noi che viviamo qui.

Intanto, da un po’ di tempo, uscendo dal mio cancello col cane, raccolgo le cartacce portate dentro dal vento, ma anche quelle fuori. Perchè le vedo solo ora?

Tra un mese si vota. Perchè lo faccio sempre meno volentieri? Senso di responsabilità. Bene comune. Testardaggine.

Diana Vitale

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1 thought on “Lotta con quartiere

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