Gio. Mag 2nd, 2024

Pasqua a Mercato San Severino (SA) e dintorni: Tradizioni fra cibo ed eventi

Molte tradizioni popolari connotano il territorio di Mercato San Severino e dintorni, comprese le aree urbane della Valle dell’Irno, del Sarno, dell’Agro Nocerino Sarnese e – in generale – della provincia di Salerno

Di Anna Maria Noia

Tra rappresentazioni folkloriche e assaggi gastronomici, tutto legato al passato ancestrale dei nostri avi, per riti e miti risalenti alla “notte dei tempi”. È cosa buona e opportuna, per chi scrive, valorizzare le tematiche etnografiche e antropologiche – che, in verità, non sono andate perse nemmeno al Centro e Nord Italia.

Parleremo, in questo articolo, specificamente dei retaggi di Mercato San Severino (dove l’autrice è di casa) e/o di alcuni comuni limitrofi – come Bracigliano o Sarno. L’intento è quello di illustrare fenomeni popolari, misterici e magici, studiati dagli antropologi e arrivati fino a noi.

Le tradizioni in occasione della Pasqua non sono le uniche, in generale, a svolgersi in maniera apotropaica – nel senso di allontanamento degli spiriti maligni. Ogni momento dell’anno ha le sue “celebrazioni”; le proprie “epifanie” e ragioni di essere. A San Severino, è Pasqua già il venerdì precedente la domenica delle palme: nella frazione Spiano, tutti accorrono alle celebrazioni (che vanno sotto il nome di “Fistone”) in onore della Madonna Addolorata.

La processione della Vergine è seguitissima, anche al di fuori di questo borgo montano – appunto Spiano, in cui ancora resistono antichi mestieri, legati alla lavorazione del legno: produttori di scale – o scalari; di ceste (sporte o sportelle, donde la denominazione di sportellari); di botti o cupelle – a cura dei cupellari. La Madonna viene omaggiata con nenie molto sommesse, che emergono da un passato assai remoto.

Le Tradizioni Culinarie e Religiose

La caratteristica della devozione all’Addolorata, per quanto riguarda Spiano, è che essa appare più viva negli uomini che rispetto alle donne. Sono i maschi, infatti, ad intonare gli inni levati all’indirizzo della Madonna. In questo giorno, piatto tipico e “re” delle tavole (in tutta San Severino!) è la polpetta di baccalà. Immancabile! Non sarebbe Pasqua senza tale leccornia.

Mutatis mutandis, ossia: tolte le cose da cambiare, un piatto di pesce – “legato” a una similitudine “aggregante” – è quello delle sarde in pinzimonio o a beccafico. Che si preparano per la Madonna di Costantinopoli, nelle frazioni Campomanfoli ed Aiello di Castel San Giorgio (Salerno). La ricorrenza cade il martedì dopo la Pentecoste, ossia cinquanta giorni a decorrere dalla Pasqua. Ma rimaniamo, ancora un po’, nel periodo più… “strettamente” vicino alla Resurrezione del Signore.

Quest’anno il 31 di marzo (Pasqua detta “bassa”, dal 22 marzo; ma tale festa potrebbe protrarsi fino al 25 aprile – quando, cioè, la Pasqua è chiamata “alta”). Rimanendo in tema gastronomico-alimentare, tra San Severino e zone vicine, il menu è più o meno lo stesso – sottacendo di varianti particolari e/o definitivamente locali: il venerdì santo, come da norma ecclesiastica, non si preparano cibi a base di carne (come anche gli insaccati; i salumi; le soppressate e le salsicce, che però trionferanno a tavola – assieme alle uova sode e al capocollo; al caciocavallo il lunedì in Albis: Pasquetta!).

L’antropologia “prescrive” carciofi arrostiti e/o imbottiti (‘mbuttunati), uova, vegetali, cibi a base di grano (simbolo, come l’uovo, di rinascita: non soltanto parlando della Resurrezione di Cristo, ma del rifiorire – primaverile – dei cicli “naturali”). Come il migliaccio, a base di granoturco – per il venerdì santo, rigorosamente senza cigoli, o sfrittole, o ciccioli. Dopo il sabato santo, invece, i ciccioli sono i benvenuti. E come la pizza di grano.

Dobbiamo fare attenzione: la parola “pizza” indica, in Napoletano, sia un prodotto salato che dolce. Infatti, la pizza di maccheroni – detto anche “pastiere” (è maschile!) – è salata. È la classica “frittatina” di bucatini; con pepe, salame; formaggio e ogni ben di Dio. Si assaggia a Pasquetta, ai picnic, alle escursioni fuori porta, del lunedì dell’Angelo; all’Incoronata di Montoro (Avellino) e/o di Foggia. La pizza di maccheroni potrebbe essere, sì, anche dolce (coronata, poi, da foglie di alloro o lauro), ma è – comunque – ben diversa dalla già citata “pizza di grano”.

Frittata di pasta

La “pastiera”, al femminile. Che è a base di grano. Non di formati di pasta. Il classico casatiello napoletano; il tortano con sugna o strutto (‘nzogna, in vernacolo) e gli altri cibi già descritti sopra saranno in tavola il lunedì in Albis. Ed eccoci a Pasqua: ecco cosa si mang

ia. Brodo di faraona, con cappelletti o direttamente con le cicorie (ricordo delle erbe amare e degli azzimi, presso gli Ebrei; nell’attesa di attraversare il Mar Rosso – da cui l’etimo: “pesah”, “passaggio” o “salto”; moto di una danza ebraica).

Oppure brodo di piccione. E, subito dopo, uova sode e insaccati; carne di agnello, capretto; coniglio; lepre. Infine, fave – ortaggio simbolico; coltivato da millenni. Ancora il grano, con la pastiera – che può essere anche di riso (il procedimento è assai simile). Frutta di stagione (la fragolata) e – dulcis in fundo – l’uovo di cioccolata. Anch’esso tradizione ancestrale dell’umanità.

Pastiera Napoletana

A proposito di pastiera di grano (o di riso): le massaie dei tempi che furono, utilizzando degli avanzi di frolla per cuocere il dolce (che delizia, nei bei forni di campagna!), cucinavano anche il “vuccillo”. Con l’uovo in mezzo. Si tratta(va) di un po’ di frolla leggermente dolciastra, ripiegata a forma di “zeppola” con la “coda” – per le donne – e a forma completamente “tondeggiante”, per gli uomini. Appunto con l’uovo al centro, tra due strisce perpendicolari.

Proprio come le strisce sulla pizza di grano. La simbologia sessuale è evidente, come per le palatelle che si degustano ad agosto. La palatella è il tipico pane sanseverinese a due forme allusive, contenente la ‘mpupatella (mix di acciughe e melenzane sott’olio). Tutto è in auge tra il 14 e il 15 di agosto, per l’appunto. Dopo tale carrellata alimentare, ricordiamo altri retaggi più “prosaici” – tra il Sanseverinese e l’hinterland salernitano.

Casatiello Napoletano

Ad esempio, proprio a San Severino, anni fa le coppie di fidanzati; gli innamorati si scambiavano – come regalo di buoni auspici – ovetti e caramelle, legati a dei rametti di fior di pesco e con tralci d’ulivo. Rametti così confezionati sono ancora, a volte, visibili nelle case dei Sanseverinesi e, in generale, dei Salernitani – in questo periodo. Tra altri retaggi, ricordiamo i sentitissimi e rispettatissimi “Misteri” di Bracigliano.

Piccolo e ameno centro montano, vicino San Severino. Con la passione per la musica; per gli assaggi delle ciliegie locali (Igp) e, riguardo ai “Misteri”, per le formule etnografiche complesse e dalle profonde radici. Si tratta di riti suggestivi, legati alla primavera (e al plenilunio pasquale). Oltre agli incontri/scontri mattutini e pomeridiani (non a caso si tratta di “scontrate”, nel linguaggio devozionale di questi “Misteri” – con la maiuscola) tra Cristo morto (cataletto) e la Madonna Addolorata.

Fino a non molti anni fa, le kermesse braciglianesi comprendevano disegni “tracciati” da fuochi sulle colline o montagne circostanti. Veri e propri “giochi di fuoco”, potremmo affermare. Eventi che sono andati un po’ scemando, dalla maledetta frana del 1998. Nella quale masse di fango sommersero la cittadina, assieme a Sarno e ad altri centri limitrofi.

Ricordiamo – inoltre – nell’Agro Nocerino Sarnese, la processione dei Paputi a Sarno stessa. Con la partecipazione di figuranti e volontari, rigorosamente incappucciati – a simboleggiar le congreghe; affiliazioni laiche ma esoteriche del territorio – che incutono timore riverenziale presso il popolo di millenni fa. Anche qui, miti vecchissimi. Ma mai sopiti o tramontati del tutto, come vale anche per Bracigliano.

A San Severino, da qualche anno, è ripresa la via crucis (siamo al Venerdì Santo) non solo “tradizionale”, “classica” – ovvero animata e presieduta dai religiosi – ma con figuranti, con i personaggi della Bibbia. Con attori che impersonano la Passione. Che recitano il racconto delle torture subite da Gesù. Si tratta di una bella iniziativa, toccante e commovente, voluta – già negli anni scorsi – anche dai negozianti delle strade di San Severino, “toccate” dallo snodarsi dei teatranti.

Anna Maria Noia

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