“Un mondo a parte”: Il valore della scuola, l’importanza dell’ inclusione e la filosofia della ‘restanza’
Riccardo Milani esplora con delicatezza il valore della restanza, l’inclusione e l’educazione in un film che celebra la bellezza dei territori e la forza della comunità
Di Antonello Rivano
“Un mondo a parte”, diretto da Riccardo Milani, è un film che ha saputo toccare corde profonde, affrontando con delicatezza temi come l’educazione, l’inclusione sociale e il legame indissolubile con la natura e i territori. Tra i suoi lavori più noti ricordiamo “Benvenuto Presidente!” (2013), una commedia satirica che affronta con ironia il mondo della politica italiana, e “Come un gatto in tangenziale” (2017), un ritratto vivido delle disparità sociali in chiave comica. In questo lavoro si allontana dalla commedia pura, per esplorare un registro più poetico, mantenendo comunque il suo inconfondibile approccio umano e autentico alle storie sempre raccontate con leggerezza.
Il film si svolge in un piccolo paese immerso nella natura, dove la comunità si stringe attorno alla “buona scuola”, un’istituzione che rappresenta non solo un luogo di apprendimento, ma un vero e proprio centro di vita sociale. Qui, l’educazione diventa il simbolo di un futuro migliore, un processo che coinvolge l’intera comunità e che sottolinea valori come l’empatia, il rispetto e l’inclusione.
Uno dei temi più potenti del film è quello della “restanza”. Questo termine, relativamente nuovo nel linguaggio socioculturale italiano, indica la scelta consapevole di rimanere nei propri territori, anziché migrare verso le città o l’estero in cerca di opportunità. Nel contesto del film, la restanza diventa un atto di resistenza e di amore per la propria terra, un impegno a preservarne l’identità e a contribuire al suo sviluppo sostenibile.
Milani riesce a rappresentare la restanza non come una semplice scelta di vita, ma come una filosofia esistenziale. I personaggi che popolano il piccolo paese non sono eroi, ma persone comuni che decidono di restare per custodire la memoria, le tradizioni e la bellezza del loro luogo natale. Questa scelta, che potrebbe sembrare controcorrente in un mondo globalizzato, viene raccontata con una sensibilità che tocca il cuore e che invita lo spettatore a riflettere sul valore delle radici.
Il film ci porta in luoghi meravigliosi, spesso dimenticati, dove la natura incontaminata diventa un personaggio a sé stante. Questi paesaggi mozzafiato, lontani dai ritmi frenetici delle metropoli, sono presentati come spazi di pace e riflessione, ma anche di lotta per la sopravvivenza culturale. La restanza si intreccia con l’idea di un ritorno alla semplicità e all’essenza, dove la connessione con la terra non è solo fisica, ma anche spirituale.
In questo contesto, la “buona scuola” del film diventa un simbolo di speranza e di continuità, un luogo dove si coltivano non solo conoscenze, ma anche valori profondi legati al territorio. L’educazione qui non è vista come un mezzo per andarsene, ma come uno strumento per restare e per migliorare la propria comunità dall’interno. È una visione del futuro che si radica nel passato e che si proietta verso un domani sostenibile e autentico.
La scelta di Milani di coinvolgere tantissimi attori non professionisti, persone che vivono realmente nei luoghi in cui il film è ambientato, rafforza ulteriormente il messaggio della restanza. Questi volti autentici, segnati dalla vita e dall’esperienza, conferiscono al film un realismo e una profondità che difficilmente si possono ottenere con un cast di attori professionisti. Le loro interpretazioni sincere e spontanee trasmettono una verità rara, facendo sentire lo spettatore parte integrante di quella comunità.
Le interpretazioni di Antonio Albanese e Virginia Raffaele, già noti per i loro ruoli comici, qui dimostrano una straordinaria versatilità, offrendo performance intense e commoventi. Entrambi gli attori, insieme al cast di non professionisti, contribuiscono a dare vita a un’opera ricca di significato, che parla di scelte difficili e di legami profondi.
“Un mondo a parte” è un film che invita a riflettere sul valore dell’educazione, sull’importanza dell’inclusione e, soprattutto, sul concetto di restanza. È un invito a riscoprire il valore delle proprie radici e a considerare il restare non come un limite, ma come un’opportunità per costruire qualcosa di significativo nel luogo che si chiama casa. Dalla sua visione ne uscirete arricchiti, con una consapevolezza nuova e una voglia di guardare al mondo con occhi diversi.
Questo lungometraggio rappresenta un piccolo gioiello del cinema italiano contemporaneo, che brilla per la sua autenticità e per la sua capacità di raccontare storie universali con una delicatezza rara. Non pretende di insegnare nulla, ma proprio per questo riesce a trasmettere insegnamenti preziosi, invitandoci a vivere con più attenzione, amore e rispetto.
Antonello Rivano
Direttore di redazione/coordinatore nazionale Polis SA Magazine