Emergenza cinghiali nelle isole minori sarde: minacce ambientali ed economiche
Le piccole isole sarde affrontano gravi danni ambientali e socio-economici a causa della proliferazione dei cinghiali. Serve un intervento coordinato per salvaguardare biodiversità e coltivazioni locali
La proliferazione dei cinghiali è un problema ambientale di crescente gravità, in particolare per le piccole isole italiane. L’introduzione di specie aliene come i cinghiali in ecosistemi isolati e delicati comporta rischi significativi, minacciando la biodiversità e l’equilibrio naturale. Le isole, con i loro ecosistemi chiusi, sono particolarmente vulnerabili a tali invasioni.
Rischi ambientali e impatti sugli ecosistemi
L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) riporta che la popolazione di cinghiali in Italia è raddoppiata negli ultimi decenni, con un aumento marcato nelle aree insulari. Privati di predatori naturali, questi animali si riproducono rapidamente, provocando gravi danni all’ambiente e alle attività economiche locali. Uno studio dell’Università di Firenze (2020) evidenzia i danni significativi alle colture e alla vegetazione causati dall’espansione dei cinghiali.
Le specie aliene invasive rappresentano una delle principali minacce per la biodiversità globale. La IUCN (International Union for Conservation of Nature) sottolinea che le isole sono particolarmente sensibili all’introduzione di nuove specie, poiché queste possono destabilizzare l’equilibrio ecologico in modo irreparabile. I cinghiali, scavando e nutrendosi di radici e piante autoctone, contribuiscono all’erosione del suolo e alla distruzione di habitat vitali per specie endemiche.
Impatti sulla fauna e sull’agricoltura
I cinghiali predano uova e piccoli vertebrati, un fenomeno preoccupante che sta contribuendo alla riduzione di specie di uccelli marini che nidificano a terra. Nelle isole del Mediterraneo, la predazione da parte di cinghiali è già stata correlata alla scomparsa di diverse specie. Le specie endemiche, già limitate a piccole popolazioni, sono particolarmente vulnerabili a questa predazione.
La proliferazione incontrollata dei cinghiali ha impatti anche sull’economia delle isole. Le coltivazioni agricole, già minacciate dalla scarsità di risorse, soffrono pesanti perdite economiche.
A titolo di esempio va riportato che sull’Isola d’Elba, in Toscana, un report del 2022 ha documentato danni per circa 1,2 milioni di euro, evidenziando il forte impatto economico dei cinghiali su quest’isola.
Danni economici e situazione nelle isole minori sarde
I danni economici provocati dalla proliferazione dei cinghiali sono rilevanti. A livello nazionale, l’Associazione Italiana Coltivatori (AIC) stima perdite annuali di oltre 3 milioni di euro a causa dei danni alle coltivazioni. In Sardegna, i danni sono particolarmente gravi: secondo dati recenti, le perdite per danni agricoli superano i 2 milioni di euro all’anno, con effetti negativi sulle coltivazioni e sul turismo.
Per quanto riguarda l’Arcipelago della Maddalena e altre isole minori sarde, le recenti dichiarazioni del Parco Nazionale dell’Arcipelago della Maddalena indicano che i cinghiali hanno compromesso il 30% delle colture locali, con ripercussioni dirette sulla redditività degli agricoltori e sull’attrattività turistica dell’area.
Le piccole isole italiane ospitano specie uniche, molte delle quali non esistono altrove. La presenza di cinghiali altera questi ecosistemi delicati. Un’analisi condotta dal Dipartimento di Scienze Ambientali dell’Università di Sassari dimostra come la presenza di cinghiali nell’Arcipelago della Maddalena abbia ridotto significativamente la copertura vegetale autoctona e aumentato la competizione per le risorse alimentari. Il problema è ulteriormente aggravato nelle aree protette, già sotto pressione da altri fattori ambientali e antropici.
L’introduzione dei cinghiali in Sardegna, in particolare nell’Arcipelago della Maddalena, risale ad alcuni anni fa ed è avvenuta probabilmente per scopi venatori. Da allora, la popolazione di questi animali è cresciuta rapidamente, soprattutto nelle isole come Caprera e Spargi, dove si stima la presenza di oltre 400 esemplari. Questa proliferazione ha avuto conseguenze negative per la flora e la fauna locali, con danni evidenti all’agricoltura e al turismo. Anche sull’Isola di San Pietro, nell’arcipelago del Sulcis, è stata segnalata, da circa due anni, la presenza di cinghiali, probabilmente immessi illegalmente come avvenuto alla Maddalena. In alcuni casi, la vendemmia è stata compromessa, e altre colture, parte della tradizione agricola locale, sono state dannegiate degli ungulati.
Consigli degli esperti per affrontare la crisi
Per gestire la proliferazione dei cinghiali sulle isole italiane, gli esperti suggeriscono un approccio integrato. Tra le strategie consigliate vi sono l’eradicazione selettiva, che mira a ridurre il numero di esemplari in modo mirato, e la caccia controllata combinata con il trappolaggio. Inoltre, l’uso di recinzioni elettriche temporanee attorno alle aree agricole vulnerabili può proteggere le coltivazioni dai danni. È essenziale anche un monitoraggio costante delle popolazioni di cinghiali per valutare l’efficacia delle misure e adattarle alle esigenze locali. Infine, è importante coinvolgere le comunità locali attraverso campagne di sensibilizzazione per supportare la protezione degli habitat e l’applicazione delle misure preventive. Inoltre sarebbe necessariorio rafforzare le normative contro l’immissione illegale di animali e punire i trasgressori.
La sterilizzazione chimica
La sterilizzazione chimica dei cinghiali è una soluzione che viene discussa per il controllo della popolazione, ma presenta diverse limitazioni e sfide. L’idea principale è quella di somministrare contraccettivi agli animali attraverso esche selettive, che riducono la fertilità delle femmine e rallentano la crescita demografica dei cinghiali. Alcuni progetti pilota sono in fase di sperimentazione, specialmente in aree con alta densità di cinghiali, e prevedono l’uso di dispositivi che distribuiscono questi contraccettivi in modo mirato.
Tuttavia, molti esperti ritengono che questa tecnica non sia facilmente applicabile su larga scala. Secondo l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), la sterilizzazione chimica, pur essendo promettente in teoria, è inefficace nel breve termine per ridurre gli impatti dei cinghiali sull’agricoltura e l’ambiente. Gli ostacoli principali riguardano la difficoltà di distribuire in modo controllato i contraccettivi agli animali giusti e il fatto che l’efficacia della sterilizzazione richiede anni prima di ottenere risultati apprezzabili.
Affidabilità e successo dei provvedimenti adottati
I dati sull’efficacia delle misure adottate per gestire la proliferazione dei cinghiali variano a seconda del contesto e della località. Sull’Isola d’Elba, ad esempio, il piano di gestione integrato, che include eradicazione selettiva e recinzioni, ha mostrato risultati positivi. Secondo un rapporto dell’ISPRA (2019), la popolazione di cinghiali è stata ridotta significativamente, e i danni alle coltivazioni sono diminuiti del 30% grazie alla combinazione di misure di controllo e sensibilizzazione.
Fino ad oggi, l’Arcipelago della Maddalena ha adottato una serie di strategie per contenere la proliferazione dei cinghiali. Sono state intraprese operazioni di eradicazione selettiva, con abbattimenti mirati per ridurre il numero di esemplari e prevenire ulteriori danni a coltivazioni e biodiversità. Parallelamente, è stato avviato il trappolaggio in varie zone, con trappole posizionate per catturare gli animali in modo più controllato. Per proteggere le colture, in alcune aree agricole e naturali sono state installate recinzioni elettriche temporanee, riducendo il rischio di danni diretti.
Il monitoraggio costante della popolazione di cinghiali è parte integrante della strategia: programmi ambientali raccolgono dati per valutare l’efficacia delle misure e modificarle se necessario. Inoltre, le comunità locali sono state coinvolte attraverso campagne di sensibilizzazione che mirano a far comprendere l’importanza di una gestione coordinata del problema
Nonostante questi sforzi, le misure adottate finora hanno avuto successo solo parziale. La popolazione di cinghiali rimane elevata e i danni alle coltivazioni e agli habitat continuano a essere un problema significativo, come evidenziato dai rapporti recenti. Un rapporto dell’Università di Sassari (2022) evidenzia che, nonostante gli sforzi, la popolazione di cinghiali continua a essere elevata e i danni alle coltivazioni e agli habitat persistono.
I dati di agosto 2023 sono elequenti per capire l’entità del problema nell’arcipelago sardo. Per quella data si presumeva che che i cinghiali potessero essere circa 1500 nell’isola di Maddalena, circa 1000 a Caprera e qualche centinaio a Spargi. (Fonte L’Unione Sarda.it)
Per l’Isola di San Pietro, la situazione è ancora in evoluzione e i dati disponibili sono incerti, sebbene al momento si parli di un numero limitato. La mancanza di tracce storiche della presenza di cinghiali sull’isola fino a tempi recentissimi rende questo fenomeno una sfida inedita per l’ecosistema e l’economia locale.
Redazione Sardegna