Lun. Gen 13th, 2025

“A Chiara”: l’innocenza di fronte alla verità

Un viaggio nella Calabria nascosta attraverso gli occhi di una giovane ragazza in cerca della sua identità.


Riflessi di Cinema

Il Cinema che riflette cultura e società

Riflessi di Cinema esplora i film italiani che hanno lasciato il segno, oltrepassando la prima visione. Un viaggio tra opere di qualità, con risvolti sociali e culturali, premiate e apprezzate dalla critica. Ogni pellicola è un riflesso della nostra società, da riscoprire con uno sguardo attento e curioso


“A Chiara”: Il volto della verità

Nel cinema di Jonas Carpignano, la realtà non lascia scampo alla finzione. Con “A Chiara” (2021), il regista ci porta nella Calabria più profonda, attraverso gli occhi di una giovane quindicenne, immersa in un contesto familiare apparentemente normale, ma in realtà minato da segreti che aspettano solo di emergere. Chiara, interpretata con straordinaria autenticità da Swamy Rotolo, vive il rito di passaggio dall’adolescenza all’età adulta, un percorso doloroso che la porterà a confrontarsi con il lato oscuro della sua famiglia.

Il film, terzo capitolo della trilogia di Carpignano sulla Calabria, dopo “Mediterranea” (2015) e “A Ciambra” (2017), si apre con un compleanno spensierato, che però lascia subito presagire il peso di ciò che verrà rivelato. La regia di Carpignano si concentra su dettagli che, come riflessi in uno specchio deformato, mostrano una realtà che si frantuma pezzo dopo pezzo: la scoperta del coinvolgimento del padre nella ‘Ndrangheta. La narrazione segue il ritmo dell’evoluzione interiore di Chiara, il suo smarrimento e la sua crescente consapevolezza. Carpignano adotta uno stile quasi documentaristico, evitando ogni eccesso melodrammatico, lasciando che siano i silenzi e i vuoti a parlare.

“A Chiara” non è solo un film sulla criminalità organizzata. È una riflessione sull’identità, sulla responsabilità e sul legame indissolubile tra sangue e destino. Il paesaggio calabrese diventa il teatro di una battaglia invisibile tra la lealtà familiare e il desiderio di emancipazione. L’ambiente urbano, talvolta spoglio e brutale, riflette la prigionia emotiva che Chiara affronta, mentre il suo viaggio di scoperta diventa una metafora della ricerca di sé in un mondo che la tradisce.

La cinematografia di Tim Curtin gioca un ruolo fondamentale nel trasmettere l’intensità emotiva della storia. Le riprese, spesso immersive, ci permettono di vivere in prima persona la confusione e il tumulto interno di Chiara. La colonna sonora, realizzata in modo sapiente, amplifica l’atmosfera del film, facendo vibrare le emozioni in un delicato equilibrio tra tensione e speranza.

Il film, che ha vinto il David di Donatello per il miglior film nel 2022, invita lo spettatore a riflettere sulle dinamiche invisibili che tengono insieme, ma allo stesso tempo dividono, intere comunità, facendo emergere un altissimo contenuto sociale. Come un riflesso distorto, “A Chiara” ci costringe a guardare nelle crepe della nostra stessa società, lasciando aperta una domanda: fino a che punto siamo disposti a lottare per la verità?

Redazione Cultura

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