Mar. Ott 28th, 2025

Andrea Covotta: “La politica deve ritrovare il pensiero, non solo risolvere i problemi”

Intervista con il Direttore di Rai Quirinale che ripercorre la storia dei partiti del Novecento, evidenziando il ruolo delle ideologie e la necessità di ritrovare una visione politica collettiva per il futuro.

Di Stefano Pignataro

“Politica e Pensiero. Storie e personaggi dei partiti del Novecento” (Marcianum Press) è il nuovo libro del giornalista Andrea Covotta, attuale Direttore di Rai Quirinale, presentato martedì 1 ottobre presso la Pinacoteca Provinciale di Salerno, su invito dell’Associazione “Persona e Territori”. Dopo i saluti del Presidente della Provincia, Francesco Alfieri, a discutere con l’autore sono stati il già Presidente della Provincia, Eurodeputato e Senatore Alfonso Andria (Presidente dell’Associazione “Persona e Territori”), il giornalista Andrea Manzi e il Prof. emerito di Filosofia del diritto dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II” e Magnifico Rettore dell’Università “Giustino Fortunato” di Benevento, Giuseppe Acocella.

Intervista ad Andrea Covotta

D: “Il singolo ha due occhi, il partito ha mille occhi.” Questa frase di Brecht forse può sviluppare un pensiero preciso: la storia dei partiti politici nel Novecento ha più storie da raccontare di quelle che si leggono nei libri di storia. Con quale metodo storiografico e con l’arguzia del giornalista esperto che è Lei, ha percorso un secolo di politica? In quale momento la politica è andata ‘corpo a corpo’ con la storia?

A.C.: La politica ha accompagnato la storia del Novecento. I grandi partiti sono figli delle ideologie: quella cattolica-popolare, comunista, socialista, liberale e della destra. Nell’introduzione del libro riporto una frase del 1977 dell’allora rettore dell’Università Cattolica, Giuseppe Lazzati, che nella prefazione di Cristianesimo e democrazia di Jacques Maritain scrive: “È a questa volontà di pensare politica prima di fare politica che occorre sempre fare riferimento.” Un’affermazione che inevitabilmente ci conduce a chi ha interpretato al meglio l’idea alta della politica come risoluzione dei problemi e mediazione tra interessi diversi.

Più che un “corpo a corpo” è necessario ritrovare il pensiero politico, riannodando fili che si sono dispersi in questo tempo frammentato e ricomporre i tanti pezzi di una società che ha bisogno di idee forti e di soluzioni di lungo periodo.

D.:Lei compie un viaggio attraverso ritratti dei principali protagonisti passando dalla destra liberale all’estrema sinistra. Nell’amministrazione  pubblica e nella cultura di massa, vi era, pur nella differenza di vedute, una  linea comune che ha individuato?

A.C.: La linea comune è la visione politica che tutti i partiti hanno avuto, insieme allo sforzo di accompagnare i processi sociali ed economici del nostro Paese. Politicamente, il capolavoro compiuto da queste forze si realizza nell’Assemblea Costituente. La Costituzione è il frutto dell’affinità tra forze diverse. La Carta, elaborata e scritta negli anni della ricostruzione postbellica, ha consentito agli italiani di superare le disuguaglianze, mettendo al centro la dignità dell’uomo e lo sviluppo della persona.

Quel punto di equilibrio, raggiunto nel dopoguerra, è successivamente venuto meno, quando si è spenta l’idea collettiva, sostituita dall’egoismo e dal rancore verso una politica che non è stata in grado di cogliere il cambiamento, perdendo la funzione di comune sentire.

Andrea Covotta con il Presidente Sergio Matarrella – Foto www.aracne.tv

D: A chi ancora oggi rimprovera alla Costituzione di essere “vecchia”, “frutto del catto-comunismo” e sostiene che “governare con queste regole è un inferno” (come dichiarato da alcuni esponenti politici), quale storia o episodi può raccontare per difenderla?

A.C.: La nostra Costituzione è attuale, come lo è la lezione lasciata da grandi personalità della nostra storia come De Gasperi, Moro, Togliatti, Nenni, Berlinguer. Ripartire da chi ha contribuito a restituire la libertà alla propria generazione e a quelle future è il modo per evitare la disunità nazionale, sociale e politica che viviamo oggi.

La collaborazione nel dopoguerra nasce dalla stretta sintonia tra i protagonisti dell’epoca, tra cui spiccano gli uomini del cattolicesimo democratico, abituati a esprimere le loro idee con mitezza, senza mai imporle. Certo, non sono state tutte luci: le ombre ci sono state e molti misteri avvolgono la cosiddetta Prima Repubblica. Tuttavia, andrebbe recuperata quella visione di lungo periodo e quella lungimiranza che oggi si sono perse.

Un piccolo episodio, simbolico, che può illustrare questo spirito, riguarda Aldo Moro, come raccontato da Marco Follini. Nel 1975, un giovane Follini accompagnava Moro in visita alla Fiera del Levante di Bari. Dopo ore di visite agli stand sotto un caldo opprimente, Moro si apprestava a rientrare in macchina, quando un semplice cittadino lo informò che non aveva visitato il padiglione dei formaggi di Rutigliano. Moro sorrise, scese dalla macchina e tornò a visitare anche quel padiglione. Un piccolo gesto che rivela molto del suo modo di fare politica: un esercizio di pazienza e attenzione mirata alle persone, non alla folla indistinta.

D: Il 1978 è ricordato per la strage di Via Fani, la morte sospetta di Papa Luciani, l’anno dei tre Papi, ma anche per l’elezione di Pertini. Dal suo punto di vista alla direzione di Rai Quirinale, come pensa che i Capi di Stato abbiano influenzato la storia del Paese e le decisioni politiche, strategiche ed economiche in decenni così diversi tra loro?

A.C.: Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha spesso affermato che in politica non si devono inseguire illusori vantaggi di parte. Una dichiarazione perfetta per il periodo che stiamo vivendo, tutto orientato alla ricerca di consenso effimero, senza una visione di lungo termine.

Gli unici che hanno provato a invertire questa rotta sono stati proprio i Presidenti della Repubblica, che più di altri hanno mantenuto unito il Paese, imprimendo un comune senso di marcia e agendo per il bene collettivo. Sono figure chiamate spesso a svolgere un ruolo di supplenza istituzionale e che, anche in momenti drammatici, hanno saputo parlare sia alla maggioranza sia all’opposizione, inaugurando un patriottismo costituzionale lontano dalla politica di partito troppo concentrata sui singoli interessi.

Tratto ed adattato da “La Città”

Stefano Pignataro
Vicecoordinatore Nazionale di redazione/Coordinatore Sud Italia e Sicilia

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