Amore o possesso?
I giovani, la violenza di genere e l’urgenza di un cambiamento culturale
IN PUNTA DI PENNA
Gli editoriali del Direttore di Redazione Antonello Rivano
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L’informazione non dovrebbe mai arrogarsi il diritto di offrire risposte definitive, ma piuttosto deve essere in grado di sollevare domande che stimolino il pensiero e invitino alla riflessione (Antonello Rivano)
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Amore o possesso?
La cultura delle relazioni: amore, violenza e il bisogno di educare i giovani
La violenza di genere rimane una delle ferite più profonde nella nostra società, e il suo superamento richiede un cambiamento culturale radicale. Nonostante i progressi normativi e il lavoro instancabile di associazioni come Differenza Donna, che gestisce oltre 50 centri antiviolenza in tutta Italia e il numero antiviolenza 1522, il problema è ancora radicato in una visione distorta delle relazioni e nella persistenza di una cultura patriarcale. Quest’ultima, nonostante i progressi verso l’uguaglianza di genere, continua a permeare il tessuto sociale, influenzando le dinamiche affettive, familiari e comunitarie.
La ricerca Giovani Voci per Relazioni Libere, condotta da Differenza Donna, fotografa con drammatica precisione la complessità del problema. Tra i giovani intervistati, il 30% ritiene il controllo del partner una dimostrazione d’amore, una percentuale che sale al 45% tra i ragazzi di 14 e 15 anni. Questi dati rivelano come comportamenti di possesso e controllo vengano spesso fraintesi e interpretati come segni di affetto. È qui che si manifesta l’ombra del patriarcato, che non è solo un sistema di potere maschile, ma anche una struttura culturale che impone ruoli rigidi e asimmetrici nei rapporti, rendendo il dominio una componente accettabile, se non desiderabile, dell’amore.
Dove finisce l’amore e inizia il possesso? È una domanda che deve trovare risposte chiare e condivise. L’amore è libertà e reciprocità, è la capacità di riconoscere l’altro come un individuo autonomo, con desideri e confini propri. Il possesso, invece, nega questa autonomia, trasformando l’altro in un oggetto di proprietà. Il patriarcato, nelle sue espressioni più sottili e pervasivamente romantiche, legittima questa dinamica, nascondendola dietro la maschera di una passione “irrefrenabile” o di una gelosia “naturale”.
Questa confusione tra amore e controllo si riflette anche in pratiche invasive come la geolocalizzazione del partner, accettata dal 19% dei giovani intervistati. Controllare i messaggi, le uscite e l’abbigliamento non è premura: è una forma di dominio, resa accettabile da una narrativa che associa il controllo alla sicurezza e alla cura. Questo tipo di relazioni non solo perpetua la disuguaglianza di genere, ma pone le basi per dinamiche violente, normalizzando abusi che vengono percepiti come gesti d’amore.
La gravità della situazione emerge con forza nei dati sulla violenza fisica e sessuale. Il 39% dei giovani dichiara di aver subito violenze, una percentuale che sale al 43% tra le ragazze e al 55% tra le persone non binarie. Tra le giovani donne, il 69% ammette di aver avuto rapporti sessuali contro la propria volontà, una cifra che raggiunge il 70% tra le persone non binarie. Questi numeri non solo parlano di una diffusa incapacità di riconoscere la violazione del consenso, ma svelano quanto profondamente sia radicata la cultura dello stupro, che minimizza l’abuso e colpevolizza le vittime.
In questo contesto, il patriarcato opera non solo attraverso la violenza esplicita, ma anche attraverso la narrazione. Stereotipi di genere e modelli relazionali tossici vengono trasmessi nei contesti familiari, educativi e mediatici, alimentando l’idea che il dominio sia una componente naturale delle relazioni. Anche famiglie benintenzionate possono, inconsapevolmente, perpetuare questi modelli, trasmettendo visioni di coppia in cui la gelosia o il sacrificio dell’individualità sono considerati parte integrante dell’amore.
La necessità di un intervento educativo è quindi urgente. Le famiglie da sole non bastano, soprattutto quando sono esse stesse vittime di una cultura patriarcale. È indispensabile introdurre l’educazione sentimentale nelle scuole, per fornire ai giovani strumenti che li aiutino a riconoscere e rifiutare comportamenti abusanti. La ricerca Prima che sia troppo tardi di Inc Non Profit Lab evidenzia che l’80% degli italiani è favorevole a un’educazione scolastica sulle relazioni sane. Questa educazione deve insegnare non solo il rispetto reciproco, ma anche a identificare e decostruire gli stereotipi che perpetuano la violenza.
Il numero antiviolenza 1522, gestito da Differenza Donna, rappresenta un punto di riferimento cruciale per le vittime. Nel solo 2023 ha ricevuto oltre 100.000 chiamate, con più di 30.000 richieste di aiuto legate a violenze fisiche, psicologiche e sessuali, stalking e altre forme di abuso. L’aumento delle chiamate da parte di adolescenti è un segnale allarmante, che sottolinea quanto sia precoce l’insorgenza di dinamiche violente.
La violenza di genere è una questione culturale che richiede un impegno collettivo e multidimensionale. Non basta inasprire le leggi o aumentare le risorse per le vittime: è necessario cambiare le fondamenta stesse delle relazioni umane. Per farlo, dobbiamo riconoscere e abbattere i pilastri del patriarcato, sostituendoli con una visione in cui l’amore non sia sinonimo di possesso, ma di rispetto e libertà condivisa. Solo così possiamo sperare di costruire una società in cui la violenza non trovi più spazio, e l’amore sia davvero ciò che deve essere: uno spazio di libertà, incontro e crescita reciproca.
Antonello Rivano
Direttore di redazione/coordinatore nazionale Polis SA Magazine
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