
Le operatrici dell’Inclusive community kitchen._fonte_www.vaticannews.va
Oltre gli ostacoli: Una speranza da Gaza
In una Gaza devastata dal conflitto, venti persone ‘non udenti’ cucinano ogni giorno pasti caldi per 250 famiglie sfollate.
[Di Sara Piccardo]

Una speranza da Gaza
Il 99,9% delle notizie che arrivano dalla Striscia di Gaza, com’è tristemente noto, è sconfortante. Poi c’è quello 0,1 che brilla nel buio, quel luccichio che intravediamo tra le macerie. A emanare tale bagliore sono i progetti umanitari, che, pur tra mille difficoltà, provano ad alleviare, seppur parzialmente, le drammatiche condizioni di vita della popolazione inerme.
Fra essi c’è la Inclusive Community Kitchen, un progetto realizzato da CBM Italia e da una ONG palestinese, la Aftaluna Society for Deaf Children.
Il cuore pulsante di questa cucina comunitaria si trova a Deir Al Balah, al centro della Striscia di Gaza. Qui, venti persone affette da disabilità uditive preparano e consegnano ogni giorno pasti caldi a 250 famiglie di sfollati, sfamando un numero di persone che si aggira attorno alle 1750.
Questa lodevole iniziativa permette di ottenere più di un risultato: in primis, il soddisfacimento immediato di un bisogno fondamentale come quello dell’alimentazione quotidiana di un vasto bacino di persone in condizione di estrema necessità; in secondo luogo, un concreto programma di inclusione di individui che, a causa della loro disabilità e della guerra in atto, non avevano la possibilità di accedere a un’attività lavorativa.
Le persone impiegate nella Inclusive Community Kitchen non sono solo cuochi, ma anche addetti alle pulizie, operatori comunitari e addetti alla gestione degli acquisti. Un microcosmo, insomma, che si muove in totale autonomia e presta un servizio di inestimabile valore a una comunità piegata da quasi due anni di conflitto.
Nel quadro di una guerra che si fa fatica a immaginare possa avere lati positivi, si combatte quindi una battaglia di tutt’altro stampo, quella contro lo stereotipo e l’esclusione sociale.
CBM, Aftaluna e i coraggiosi partecipanti al progetto della Inclusive Community Kitchen ci dimostrano che, con la volontà e l’inventiva, l’inclusione è possibile in ogni contesto, anche il più disperato, anche il più pericoloso. Anche sotto le bombe, tutti possiamo essere parte attiva della comunità.
Sara Piccardo