Mar. Lug 8th, 2025
verso i referendum

Verso i referendum – Cosa si vota, cosa cambierebbe (2)

Contratti a termine: Il secondo quesito mira a eliminare l’obbligo di causale nei contratti a tempo determinato oltre i 12 mesi. Cosa cambierebbe per lavoratori e imprese?

L’8 e 9 giugno 2025 gli italiani saranno chiamati a esprimersi su cinque quesiti referendari abrogativi. I temi spaziano dal lavoro alla cittadinanza, con l’obiettivo di modificare o cancellare norme attualmente in vigore. In questa serie di articoli, Polis presenta ogni settimana un approfondimento su ciascun referendum: cosa dice il quesito, da dove nasce, cosa accadrebbe in caso di vittoria del Sì o del No.
Vedi tutte e cinque gli articoli di “Verso i Referendum”


📄 Il testo del quesito sulla scheda
«Volete voi l’abrogazione dell’articolo 19, comma 1, del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, limitatamente alle parole: “a fronte di esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero per esigenze sostitutive o connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili dell’attività ordinaria”, e alle parole: “per un periodo complessivo non superiore a dodici mesi”


Cosa chiede il quesito

Il secondo quesito propone l’abrogazione parziale dell’articolo 19 del Decreto Legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nella parte in cui limita la possibilità di prorogare o rinnovare i contratti a termine oltre i 12 mesi senza giustificazione.

Attualmente, infatti, è obbligatorio indicare una causale (cioè una motivazione oggettiva e documentabile) per i contratti a tempo determinato di durata superiore a dodici mesi, o nei casi di rinnovo. Con il referendum si propone di eliminare questo vincolo, lasciando maggiore autonomia alle parti (datore di lavoro e lavoratore) nella stipula dei contratti a termine.


Origine della proposta

Anche questo quesito è stato promosso dalla CGIL, che ha raccolto le firme necessarie per indire il referendum. Secondo il sindacato, le continue modifiche legislative degli ultimi anni – in particolare con il cosiddetto “Decreto Dignità” del 2018 – hanno creato un quadro incerto per chi lavora con contratti a termine, favorendo l’aumento della precarietà.

L’obiettivo della proposta è semplificare la normativa, eliminando vincoli considerati inefficaci o spesso elusi nella pratica, e puntare su una disciplina meno restrittiva basata su accordi individuali o collettivi, rafforzando al tempo stesso i controlli contro l’abuso.


Cosa succede se vince il Sì

Se il Sì dovesse prevalere, verrebbe abrogata la parte dell’articolo 19 che prevede l’obbligo di indicare una causale nei contratti a termine superiori a 12 mesi e nei rinnovi.

Questo significherebbe che i contratti a tempo determinato potranno essere prorogati o rinnovati senza necessità di giustificazione specifica, anche per periodi superiori a un anno, fermo restando il limite massimo complessivo di 24 mesi (salvo diversa previsione dei contratti collettivi).

Per le imprese si tratterebbe di una maggiore flessibilità. I critici temono, invece, un possibile aumento della precarietà, poiché i datori di lavoro avrebbero meno ostacoli a evitare l’assunzione a tempo indeterminato.


Cosa succede se vince il No

Se prevalesse il No, resterà in vigore la disciplina attuale: un contratto a termine può essere stipulato e prorogato liberamente solo entro il limite dei primi 12 mesi.

Oltre tale soglia, per proroghe o rinnovi, sarà necessario indicare una causale precisa (es. esigenze temporanee, sostituzione di personale, incrementi produttivi non programmabili).

Questa regola, introdotta con l’intento di ridurre l’abuso dei contratti precari, impone alle imprese di motivare chiaramente il ricorso al tempo determinato, con l’obiettivo di incentivare l’assunzione stabile.


Come si vota

Il referendum si svolgerà nelle giornate di domenica 8 e lunedì 9 giugno 2025. Gli elettori riceveranno una scheda (di colore diverso per ciascun quesito), su cui sarà riportato il testo integrale del quesito referendario.

Per esprimere il proprio voto, basterà tracciare una croce su “Sì” (per abrogare la norma) oppure su “No” (per mantenerla in vigore).

Perché il referendum sia valido, è necessario che vada a votare almeno il 50% degli aventi diritto. In caso contrario, anche una vittoria del Sì non produrrà effetti giuridici.

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