Mar. Lug 8th, 2025

L’arte di restare umani

Piccoli gesti, silenzi pieni, scelte quotidiane: l’umanità è ancora un atto possibile – e necessario.
[di Antonello Rivano]


Viviamo tempi in cui restare umani è diventato un esercizio quotidiano di resistenza.
Ogni giorno una notizia ci colpisce, ci indigna, poi scivola via. Ci abituiamo. Non per cattiveria, ma per stanchezza. Per non soccombere. Ci diciamo che non possiamo sentire tutto. E così, piano piano, smettiamo di sentire davvero.

In questo tempo che ci vuole impermeabili, pronti a giudicare, sempre con un’opinione pronta e un commento veloce, restare umani è quasi una forma di disobbedienza.
Non ha nulla a che vedere con gesti eroici o grandi proclami. Ha a che fare con i dettagli. Con un silenzio quando sarebbe facile urlare. Con un’attenzione gentile. Con il tempo che si dedica a capire, piuttosto che a reagire.

Il cinismo, oggi, è una corazza comoda. Protegge, è vero. Ma da cosa? Dalla possibilità di essere toccati? Cambiati? Coinvolti? Ci hanno convinto che la compassione sia debolezza. Ma è forse la forma più concreta di forza che ci sia: quella che non fa rumore, ma costruisce legami. Quella che non si mostra, ma regge tutto.

Ogni tanto qualcosa scarta.
Un gesto gentile, gratuito. Uno sguardo che non sfugge. Una parola che consola. Una madre che, nel caos di una stazione, si ferma per raccogliere un giocattolo a un altro bambino che non è suo. Gesti piccoli, umanissimi, che ci ricordano che l’altro non è un fastidio: è la misura di ciò che siamo.

Restare umani significa scegliere di non abituarsi.
Di non accettare l’odio come normalità. Di non perdere il gusto per la complessità. Di cercare ancora il volto dietro la statistica, la voce dietro il rumore.

È un’arte, questa. Come tutte le arti, richiede esercizio, attenzione, tempo.
E se davvero vogliamo un futuro che non sia solo funzionale, ma anche abitabile, forse dobbiamo reimpararla ogni giorno. A bassa voce. Senza proclami. Ma insieme.

Antonello Rivano

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