Il 20 gennaio nella sede di Polis Sviluppo e Azione, in via Pecorari, si è tenuto l’ennesimo appuntamento della terza edizione della rassegna letteraria Libri Corsari, evento che anno dopo anno sta attirando nomi sempre più importanti a livello nazionale.
Davanti ad un folto pubblico, si sono seduti Mimmo Oliva, portavoce nazionale Polis Sviluppo e Azione, Davide Speranza, curatore della rassegna letteraria Libri Corsari, Alfonso Conte,
docente di Storia del Mezzogiorno presso l’Università degli Studi di Salerno, ed infine Pino Aprile, autore del libro “Carnefici”, protagonista della serata, ed autore di libri di grande importanza come “Terroni” e “Mai più terroni”.
Al dare il via alle danze è stato Davide Speranza, il quale, dopo i dovuti saluti di cortesia, ha illustrato con orgoglio il percorso di questa rassegna letteraria, sottolineandone il percorso e gli obiettivi, cioè la comprensione del passato come pietra angolare del futuro.
L’idea di Pino Aprile, come ha affermato Mimmo Oliva nel suo intervento, è dare continuità al discorso che l’intera associazione sta portando avanti sul Mezzogiorno, inteso come risorsa e alla ricerca di un proprio ruolo, tant’è che il tema del Mezzogiorno è uno dei punti cardine del manifesto politico di Polis Sviluppo e Azione che sarà pubblicato a breve. Seppur, come ha sottolineato lo stesso Oliva, con visioni non sempre collimanti.
L’incontro è entrato nel vivo con l’intervento del professore Alfonso Conte, che illustra le prime fasi dell’Unità d’Italia, base del libro di Pino Aprile ed evento, che riportando le parole di Conte, passa “da sogno ad incubo”. Interessante il passaggio sulla “piemontizzazione”, cioè quel processo di espansione del modello piemontese al resto del paese, e quindi anche al Mezzogiorno. Il processo, a cui è dedicato un intero capitolo del libro, inizia subito dopo l’Unità, consistendo per esempio nel passaggio da un modello protezionistico ad un modello liberista. In poche parole “al sud siamo costretti a giocare con le regole del nord” e ciò porterà alla crisi di tantissime attività commerciali nel sud Italia, portando non pochi disordini. Saranno dieci anni caratterizzati da sacrifici e sofferenza anche, e soprattutto secondo Pino Aprile, in termini di vite umane. I meridionali pagheranno la loro insubordinazione con carcere o domicilio coatto e costretti a risiedere nelle isole o al nord, e “il merito di Pino Aprile è quello di dare dei numeri a tutti questi fenomeni”. Alfonso Conte, continuando, sottolinea uno dei primi argomenti del libro: nel sud Italia si consuma un vero e proprio “genocidio”, tant’è che “noi italiani del sud siamo figli di uno stupro”. Parole fortissime che in seguito spiegherà lo stesso Pino Aprile, non esente da diffidenze storiche da parte del docente. L’intervento si conclude con l’apprezzamento all’autore per aver riaperto una Questione Meridionale che oramai si era chiusa dopo il secondo dopoguerra.
Proprio il termine genocidio è al centro della prima lettura a cura di Marianna Considerato, è lì che si ripetono i termini tristemente noti associati alla politica nazista. Si parla di deportazioni, genocidio, si arriva finanche a paragonare gli eroi risorgimentali a dei nazisti.
Dopo la lettura ha preso parola Pino Aprile, che prima di entrare nella carne viva del suo libro, accenna ad un piccolo excursus su Gramsci, definito dallo stesso “il più terrone dei terroni”, e Di Vittorio: due grandi istituzioni del meridionalismo. Dopo ciò si passa a descrivere i primi anni di Unità, anni basati sul nulla dato “che il re diede l’ordine di distruggere tutti i documenti compromettenti, addirittura il re in persona strappava e distruggeva i documenti”, affinché la verità non venisse mai fuori. Lo stesso Aprile afferma che una vera ricostruzione della storia del brigantaggio non si avrà mai a causa dei documenti distrutti. Ma anche se molto è andato distrutto, Pino Aprile è riuscito a portare avanti la sua analisi partendo da dati Istat. Egli afferma che al sud prima dell’Unità la popolazione era costantemente in aumento, ma dopo l’unità la popolazione cala di 120.000 in un anno(dato che la popolazione aumentava di 120.000 si fa riferimento ad una diminuzione di 240.000 ad anno) , con questi numeri si può parlare tranquillamente di sterminio. Ma la storia non finisce qua: in Sicilia si parla di 154 paesi distrutti e sterminati, sul Gargano verranno avvelenati i pozzi, gli animali uccisi e i campi arati distrutti. Ma le morti non sono finite: “dal sud partono 105.000 uomini che verranno uccisi poiché renitenti alla leva, 80.000 soldati borbonici verranno deportati al nord per essere educati ed essere civili, la maggior parte muore per deperimento organico e tubercolosi”. “Sono deportazioni (i domicili coatti a cui faceva riferimento il professore Alfonso Conte) pari a 20.000 all’anno”. Nel contempo il governo unitario ha anche agito sulla distruzione di Chiese, di scuole, di industrie e di tutto ciò che rendeva il Mezzogiorno “uno dei regni più importanti e potenti”. Secondo Pino Aprile si arriverà a contare oltre 800.000 meridionali uccisi per la causa dell’Unità, proprio per questo si può e si deve parlare di genocidio. E’ così, sostiene l’autore, perché c’è “distruzione dell’identità religiosa, culturale, economica, si è voluta distruggere l’identità di un popolo” e “noi”, rivolgendosi alla sala, “stiamo tentando di recuperare una memoria che ci unisca. Condannare i colpevoli non si può, non si possono consolare i morti, noi siamo figli di quei carnefici e di quelle vittime. Portiamo nel sangue il dolore delle vittime e la crudeltà dei carnefici”. L’Unità? Questo paese “non è stato mai unito perché non ha voluto fare i conti con la propria storia, a questo paese è mancata l’onesta di rendere onore ai vinti della propria storia, solo sulla verità gli onesti si uniscono”.
Alla prossima…