“La Malerba” di Cesare Cuscianna

1Ci sono romanzi che si scrivono spinti dall’ambizione più o meno celata di conquistarsi una notorietà, o per definirsi scrittori, in essi l’attenzione del lettore viene blandita, condotta attraverso vicende che non turberanno più di tanto perché, si sa, oggi è meglio, alla stregua di certi ‘plot’ televisivi, rappresentare una realtà edulcorata, vaporosa come le acconciature delle eroine delle ‘soap’. Non è questo il caso de ‘”La Malerba”, romanzo d’esordio dello scrittore casertano Cesare Cuscianna, un medico che da molti anni scrive poesie e racconti, con buone probabilità destinati a rimanere inediti nei cassetti se non si fossero accorti di lui al prestigioso Premio Calvino, dove “La Malerba” è rientrata nella rosa dei finalisti. Ne “La Malerba”, testo di forte tensione e tenuta, si dispiega una storia che rasenta l’ossessione: una quarantenne allo specchio, alla vista dei primi cedimenti sul volto, avvia una spietata autoanalisi che la porterà a ripercorrere tutta la vita, dall’infanzia dolorosa fra una madre disturbata, un padre assente e forse abusante, una nonna anaffettiva, sino alle sue esperienze d’amore che non forniranno speranze ma solo la conferma che “l’amore appartiene alle illusioni dell’infanzia”. Così l’interesse provato dagli uomini nei suoi confronti sarà solo la molla necessaria ad esistere, una conferma di vita. Nel romanzo non s’intravede consolazione nè salvezza: non ci si può permettere di amare, non ci si può permettere debolezze, le ferite nell’anima della protagonista sono troppo profonde, infette, impossibili da cicatrizzare. Eppure anche lei spera ancora in uomo, e quando quell’uomo arriva da terre lontane, dalle falde dell’Himalaya, per lei è come incontrare un gemello oltre che un amante, l’essere che impersona e rappresenta tutta la rabbia che la protagonista ha negli anni tenuto dentro di sé a fermentare. Un uomo che la possa salvare, ma che sarà  invece il suo aguzzino, un uomo carnefice che le usa violenza, che le fa sentire dolore fisico sino ad annullare in esso ogni altra sensazione. Qui il romanzo assume una coloritura noir, ci saranno degli omicidi, ma tutto pare il naturale prosieguo di una storia cresciuta, fra rabbia e solitudini, in un buco nero esistenziale. In sintesi un romanzo crudo, senza buonismi e senza lacrime, quindi non ‘alla moda’, ma allo stesso tempo profondamente umano e vero, narrato con parole come scalpelli in una prosa accuratissima che rasenta la poesia.

di Mimmo Oliva