Ernesto Cesare Longobardi

Nasce a Napoli il 19 luglio 1877 (secondo altre fonti nasce, invece, a Sarno, in provincia di Salerno, il 27 luglio dello stesso anno) da «famiglia agiata e rispettabile sotto ogni aspetto». Una nota della prefettura di Napoli del 16 aprile del 1900 lo descrive come dotato di «coltura, vivace ingegno, carattere mite, riflessivo e signorile educazione». Dà principio, presso l’Università di Napoli, ad un corso di lingua inglese. Nell’ambiente universitario napoletano, già da studente, è a contatto con le personalità più attive ed impegnate e collabora con la rivista “Critica sociale”, sin dal 1895, per la quale pubblica un articolo su L ‘ordinamento sociale dell’antico Perù. Nel 1897 aderisce al Partito Socialista, iscrivendosi al circolo di S. Giuseppe. La sua attività politica napoletana si snoda nell’arco di un decennio, tra il 1897 e il 1906, anno in cui si trasferisce a Roma ed è tesa, soprattutto, alla elaborazione di alcune questioni teoriche del socialismo. Sono assai ricche, infatti, sia l’attività pubblicistica che la lotta all’interno del PSI. Sin dalla sua fondazione (1 maggio 1899) è redattore de La propaganda, per la quale pubblica un lungo articolo sull’intreccio tra organizzazione di classe, questione meridionale e lotta per la democrazia, inserendosi in una più ampia discussione già avviata da Guarino, Labriola, Leone, Lucci ed altri. La sua tesi, partendo dalla constatazione dell’assenza delle masse popolari dall’attività politica, affida ai nuclei più avveduti e progressivi della borghesia il compito di innescare la scintilla dell’iniziativa; consiglia, ìnoltre, di attribuire particolare attenzione agli artigiani e di sviluppare, innanzitutto, le battaglie per quelle che oggi definiremmo le libertà civili. Nel 1900 è tra i promotori del congresso campano-sannita del PSI, durante il quale sottolinea l’importanza strategica di quelle forme associative e cooperative nelle campagne, già presenti in altre parti del paese. Questa parte del suo programma, però, avrà difficoltà a realizzarsi per le scarse forze che il PSI riesce a mettere in campo e per la mancanza di dirigenti adeguatamente preparati. Nel 1901 coopera con Arturo Labriola alla definizione del programma della corrente rivoluzionaria del partito. In seguito è tra i maggiori dirigenti del PSI napoletano, sostenitore fedele di Labriola. e viene eletto nella direzione nazionale.

Dal 1906, anno del suo trasferimento a Roma, in poi inizia un processo di allontanamento dal PSI, che diviene più accelerato dopo il suo passaggio a Venezia (1909), dove insegna Storia della letteratura inglese. In occasione della I guerra mondiale si schiera tra gli interventisti, anche se cerca di rimanere collegato al movimento socialista. Nel 1919 si dimette dal PSI. Le sue dimissioni vengono accettate dalla sezione socialista di Venezia, proprio per le posizioni assunte da Longobardi sulla guerra, in netto contrasto con le decisioni del partito. Nel dopoguerra si apre uno scenario nuovo nella sua attività intellettuale e politica. La rigorosa interpretazione del marxismo, che lo aveva cateterizzato anche nei momenti di crisi, lo porta ad aderire al nascente PCdI. Collabora con L’Ordine nuovo e L’Unità, pubblicando numerosi articoli.

Nel 1925 partecipa con Gramsci, Bordiga, Scoccimarro ed altri ad un gruppo dì lavoro per la elaborazione del programma comunista. Della sua intensa attività pubblicistica, oltre alle citate collaborazioni, giova ricordare quella alla Rivista popolare di Colajanni (1916), a La Critica politica di Zuccarini. La sua opera maggiore, comunque, resta il volume, pubblicato nel 1921, La conferma del marxismo. Il comunismo scientifico e le recenti esperienze storiche, uno dei libri più vivi e rappresentativi della crisi teorica del movimento operaio italiano del dopoguerra. Muore a Sarno il 10 gennaio 1943 (cfr. F. ANDREUCCI, T. DETTI, Il movimento operaio italiano … cit., ad vocem).