
Il Molise rischia di “non esistere”: l’Istat classifica la regione tra quelle con il più alto dato di spopolamento
Senza un piano mirato alla ripresa dell’offerta occupazionale, il fenomeno migratorio può frenare la speranza di una ripresa dell’economia e del turismo.
Borghi e cittadine e piccoli centri a rischio spopolamento: non se ne salva nessuno in una regione come il Molise che in vent’anni ha registrato un esodo della popolazione che ha abbandonato i suoi paesi d’origine, preferendo luoghi in cui l’offerta occupazionale è decisamente migliore ed in cui esistono prospettive professionali in linea con i fabbisogni soprattutto dei più giovani che vanno ricercando scenari più favorevoli in cui s’investe sulle competenze
Di Silvia De Cristofaro
L’andamento demografico del Molise, registrato dall’Istat, dipende quindi anche da uno spopolamento preoccupante che, in vent’anni, è passato da 320mila abitanti a 290mila, quindi 30mila residenti in meno che hanno lasciato quel che viene spesso definita “oasi felice” ma che al contrario ha, al suo interno, problematiche che è necessario prendere in considerazione per cercare di arginare il fenomeno dell’emigrazione.
I dati dell’Istituto nazionale di statistica registrano il Molise come la regione con un calo di popolazione più alto: nel 2020 si registra la perdita di oltre 6mila abitanti. La “fuga” è costante verso le altre regioni d’Italia mentre circa mille molisani hanno preferito trasferirsi all’estero. A seguire il Molise, Calabria, Campania e Sardegna. Il numero, quindi, di abitanti e residenti in regione continua a scendere drasticamente ed è una tendenza che non accenna a scomparire. Il crollo demografico nel giro di vent’anni è, dunque, principalmente causato da un’ondata di emigrazione che già si registrava negli anni Novanta (dopo un periodo di “controtendenza” tra i Settanta e gli Ottanta).

L’Istat ha certificato, all’interno del Censimento permanente della popolazione, il calo demografico più preoccupante tra le regioni del Mezzogiorno. “L’invecchiamento” ed il calo delle nascite, prese in considerazione nell’analisi dei bilanci demografici annuali, peggiora la situazione: sarebbe quindi necessario studiare interventi per invertire questi dati puntando sulla valorizzazione delle aree interne, individuando anche nel turismo e nella ricettività sbocchi che garantiscano occupazione sfruttando proprio un territorio che ha ricchezze paesaggistiche, culturali e storiche pari alle altre ben più famose regioni del nostro territorio nazionale.
La diminuzione della natalità va arginata e frenato lo spopolamento dei piccoli comuni che rischiano l’estinzione con la riduzione drastica dei suoi residenti. Il Molise rischia ancora il primato di regione più “anziana” del Mezzogiorno (l’invecchiamento della popolazione è dominante e costante, in principal modo nella provincia di Isernia, seguita da quella di Campobasso), a cui segue la Liguria ed il Friuli Venezia Giulia. Il Molise si classifica tra i primi posti, con Basilicata e Sardegna, per basso tasso di fecondità (in questo caso Campobasso “supera” Isernia): la riduzione del numero delle nascite provoca di conseguenza una riduzione di presenza di giovani per la prossima generazione.

Secondo uno studio più approfondito, effettuato dall’Istat sui residenti in Molise, la regione è l’unica in Italia con una popolazione inferiore al 1861: complice, l’emigrazione dalle cosiddette aree interne in cui ha colpito maggiormente il fenomeno dello spopolamento.
L’ultimo bilancio demografico, riguardante le aree dei comuni periferici ed ultraperiferici, relativo al primo gennaio 2020 registra 11mila unità in meno rispetto al 2011 con una componente anziana maggiore di quella dei giovani. La decrescita demografica è, in conclusione, un fenomeno da invertire augurandosi per il prossimo futuro che vengano attuate politiche che incentivino la crescita dell’economia e forniscano ai nostri giovani più opportunità occupazionali e modi per una realizzazione di tipo professionale.
Silvia De Cristofaro
Vicecoordinatore Nazionale di redazione/Coordinatrice Centro Italia
Lo spopolamento ancora non è recepito in loco come un dato negativo. A parte la congenita diffidenza verso il “cittadino forestiero ”, la società civile non è orientata dalle forze politiche verso l’accoglienza con iniziative di incoraggiamento per uno spostamento da altri territori extraregionali.