Dom. Mar 16th, 2025

Arte o abbisso? Il confine tra provocazione e violenza

Quando la libertà artistica si scontra con la responsabilità sociale: il ruolo della musica nella normalizzazione del sessismo e della violenza sulle donne

Il rapporto tra arte e provocazione è sempre stato complesso. Nel corso della storia, molti artisti hanno utilizzato immagini, parole e simboli forti per suscitare emozioni e stimolare riflessioni. Ma esiste un limite oltre il quale l’arte cessa di essere tale e diventa semplice volgarità o, peggio, incitazione a comportamenti dannosi?

La violenza sulle donne e i sessismo nei testi

La violenza sulle donne è un tema che, tristemente, si riflette anche nelle opere artistiche e nei prodotti culturali. Nei testi di alcune canzoni, in particolare nel rap e nella trap, si trovano riferimenti espliciti a episodi di dominazione, abusi e sessismo. Molti difendono questi contenuti come espressioni di una realtà sociale dura e spesso spietata, altri li criticano come una legittimazione implicita della violenza.

Un esempio emblematico sono i testi di Tony Effe, che includono frasi come:

Prendi la tua tr*ia
Le serve una museruola (woof, woof) […]
Metti un guinzaglio alla tua ragazza
Ci vede e si comporta come una tr*ia
” (dal brano “DM” ai tempi della Dark Polo Gang).

“Lei la comando con un joystick
Non mi piace quando parla troppo (troppo)
Le tappo la bocca e me la fott- (shh)”
(dal brano “Mi piace”, duetto con Sfera Ebbasta).

Copro la mia pu**ana di gioielli
Ma non sei la mia tipa, quindi niente anelli”
(dal brano “Miu Miu”).

“Sono Tony, non ti guardo nemmeno (non ti vedo)
A 90, così neanche ti vedo (giù)
Mi dici che sono un tipo violento (okay)
Però vieni solo quando ti meno (è vero)
Non gridare, nessuno ti sente (shh)
Entro dentro, sono prepotente (pow)”
(dal brano “P”).

Questi testi presentano un linguaggio esplicito e immagini che raffigurano comportamenti violenti, sessisti e oggettivanti nei confronti delle donne. Non emergono elementi che indichino un intento critico o una denuncia. Al contrario, il linguaggio e le immagini sembrano celebrare o normalizzare tali comportamenti, utilizzando un tono arrogante che enfatizza il controllo e la dominazione.

Sessismo: critica sociale o normalizzazione?

Il sessismo è un altro elemento ricorrente in molte forme di espressione artistica. Nella musica rap, ad esempio, le donne vengono spesso rappresentate come oggetti di desiderio o come soggetti passivi. Anche in questo caso, è fondamentale distinguere tra opere che denunciano una condizione e quelle che la sfruttano per fini commerciali.

L’uso ripetuto di termini come “tr*ia” e “pu**ana” veicola una rappresentazione delle donne come oggetti di possesso e controllo, contribuendo a rafforzare una cultura di disuguaglianza e di violenza simbolica. Questo tipo di linguaggio rischia di legittimare atteggiamenti tossici, soprattutto nei giovani.

Provocazione o gratuità?

La provocazione è uno strumento potente nell’arte, ma deve essere guidata da un intento preciso. Una performance o un testo che suscitano indignazione o shock possono essere giustificati se servono a portare alla luce un tema importante. Tuttavia, quando la provocazione diventa un fine a sé stessa, rischia di perdere valore e di scivolare nella volgarità.

Il ruolo della responsabilità artistica

Gli artisti, soprattutto quelli con una vasta audience, hanno una responsabilità sociale. Le loro opere influenzano il pubblico, specialmente i più giovani, e contribuiscono a plasmare la percezione di determinati comportamenti e valori. Questo non significa limitare la libertà di espressione, ma spinge a riflettere sull’impatto che le parole e le immagini possono avere.

Il paradosso della coerenza

Un caso emblematico riguarda artisti e cantanti che si dichiarano contro ogni forma di violenza di genere e a favore della libertà delle donne, ma che, in situazioni controverse, gridano alla censura quando un ente istituzionale decide di non far esibire un collega per i messaggi problematici dei suoi testi.

Il caso di Tony Effe, escluso da un evento pubblico per i contenuti sessisti di alcune sue canzoni, ha visto la solidarietà di diversi artisti che si definiscono contrari alla violenza di genere. Questa apparente contraddizione ha alimentato il dibattito: è legittimo parlare di censura quando le istituzioni scelgono di promuovere solo artisti coerenti con i loro valori?

Da un lato, alcuni difendono la libertà artistica come un principio inviolabile. Dall’altro, emerge la necessità di una maggiore responsabilità da parte di chi ha un grande impatto sul pubblico, soprattutto sui più giovani.

Come affrontare il problema

  1. Educazione alla critica: Il pubblico deve essere educato a riconoscere e analizzare i contenuti artistici, distinguendo tra denuncia e celebrazione di determinati temi.
  2. Responsabilità degli artisti: Chi crea contenuti ha il dovere di considerare il messaggio che sta trasmettendo.
  3. Piattaforme e regolamentazioni: Le piattaforme che distribuiscono contenuti dovrebbero adottare linee guida chiare per evitare la diffusione di materiali che normalizzano violenza e sessismo.

Ma è ancora arte?

Quando parliamo di arte, possiamo accettare che essa abbia il compito di esplorare anche gli aspetti più oscuri della società. Tuttavia, di fronte a testi come quelli citati, è lecito domandarsi: siamo davvero di fronte a un’espressione artistica? O ci troviamo di fronte a un linguaggio che sfrutta la provocazione fine a sé stessa, a scapito di un reale significato o di un intento critico?

Il confine tra arte e volgarità resta sottile, ma non possiamo evitare di porci questa domanda, soprattutto quando l’arte sembra tradire la sua funzione di stimolare crescita e riflessione, scivolando in una pericolosa celebrazione del sessismo e della violenza.

Copertina: foto di Foto di destefanogianni0 e di Victoria da Pixabay

Redazione

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