“Il Mattino” del 16 marzo 2011

Galante Oliva, il 1° maggio, lavoro, pane e libertà PDF Stampa E-mail
Scritto da Mario Avagliano
Nella  storia del Meridione ci sono personalità della politica e del  sindacalismo del Novecento che, pur avendo salde radici nei territori di  origine, con le loro idee, le loro battaglie, la loro lezione morale,  hanno travalicato i confini locali.

Uno di questi è il nocerino Galante  Oliva, classe 1932. Rimasto  a 14 anni orfano di padre e tre anni dopo anche di madre, costretto per  sopravvivere ai lavori più umili già all’età di 12 anni (operaio,  bracciante, contadino, cestaio: 15 ore al giorno, con paghe infime),  trovò nell’attività sindacale nella CGIL e nella militanza politica nel  Pci un’occasione  di crescita umana e intellettuale, diventando uno dei massimi  rappresentanti del sindacato in Campania e un punto di riferimento di  politici del calibro di Pietro Amendola.Allora  il 1° maggio era un appuntamento collettivo di riflessione dei  lavoratori.

Appare quindi di sicuro interesse storico l’operazione di  Mimmo Oliva di raccogliere in  un  saggio intitolato “A me pare che il mondo resti fermo” (184 pagine,  editore l’Istituto storico “Galante Oliva”) tutti i discorsi tenuti dal  padre in quell’occasione, dal 1956 al 1974, parlando dal palco in Piazza  Cianciulli a Nocera Inferiore, davanti al Liceo Classico G.B. Vico,  dove poi il regista Ettore Scola ambienterà alcune scene del suo  “C’eravamo tanto amati”, e le immagini di quelle manifestazioni.

E  colpisce e commuove leggere le richieste di Galante Oliva di “lavoro,  pane e libertà”, le sue precise analisi sulla situazione economica  locale, così come le sue denunce sugli sprechi nell’utilizzo dei fondi  pubblici da parte dello Stato e sull’indispensabile lotta alla camorra  (che qualche anno più tardi lo costringeranno a vivere sotto scorta e a  nascondere la famiglia in posti sicuri).

 

 

[Il Mattino 16 marzo 2011]