Mar. Lug 8th, 2025

Le periferie al centro della Chiesa di papa Francesco

Le periferie geografiche e quelle esistenziali

Francesco: la Chiesa e le periferie

di Teo Galante Oliva


Questa serie, di sei articoli che costituiscono il saggio di Galante Teo Oliva tratto dal libro Il centro si guarda meglio dalla periferia (Polis SA Edizioni, 2017), riflette sul magistero di Papa Francesco e sulla sua visione di una Chiesa vicina alle periferie, sia geografiche che esistenziali. I testi affrontano temi cruciali come l’educazione, la famiglia, il consumismo e l’individualismo, interrogandosi sul ruolo della Chiesa nel rispondere alle sfide sociali e morali contemporanee. La proposta di una Chiesa povera per i poveri emerge come risposta a un mondo segnato dalla superficialità e dall’omologazione. Se questo aspetto della marginalità e di cura agli ultimi è presente nel DNA del cattolicesimo, perché il pontefice, subito dopo l’elezione, ha sentito la necessità di un riavvicinamento con le periferie? E soprattutto perché e quando si è avuto questo allontanamento?
(Foto di copertina elaborata a partire da immagine di www.vaticannews)

La Redazione


4- Le periferie al centro della Chiesa di papa Francesco

[…Segue]
Papa Francesco ha il grande merito di mettere quotidianamente al centro della Chiesa il tema delle periferie, che era già presente in passato in ambienti più ristretti, e di far convergere l’intera azione della chiesa in que sta direzione. È proprio partendo da queste premesse che possiamo comprendere ancor di più cosa intenda papa Francesco per periferie e a cosa si riferisca quando parla di periferie esistenziali. Le periferie di papa Francesco “Il centro si guarda meglio dalla periferia”: è la frase che potrebbe riassumere in pieno l’azione di papa Francesco, è stata pronunciata dal pontefice durante un incontro promosso dalla Congregazione per l’educazione cattolica nel novembre del 2015.

È una delle tante idee che hanno dato il la a questa raccolta di saggi. Una frase che non ha la funzione di diventare lo slogan futuro della Chiesa cattolica, non ha lo scopo di essere vendibile e di essere mediatica. Ha solo lo scopo di rimettere al centro della Chiesa, ma soprattutto dell’umanità, le periferie e quindi gli ultimi, gli emarginati, i reietti: in poche parole tutti coloro che non sono ritenuti utili alla società attuale. L’idea di periferia è intima in papa Francesco, il pontefice che vie ne “dalla fine del mondo”, quel pontefice che proprio in quella parte del mondo provava a portare conforto, già da vescovo, agli ultimi, a coloro che si trovavano nelle difficili e controverse periferie dell’Argentina, di Buenos Aires. Il papa ne è estremamente convinto: «Le realtà si capiscono meglio dalle periferie che dal centro, perché tu dal centro sei sempre coperto, tu nel centro sei sempre difeso».

Deve essere questa l’idea-guida per com prendere oggi la complessa società attuale, una società mai così complessa, divisa, individualista, conflittuale che si trova precipitata in una “terza guerra mondiale a pezzi”, di cui non se ne rende nemmeno conto. È dal 13 marzo del 2013, giorno dell’elezione, che Francesco prova in ogni suo discorso, messaggio, esortazione, intervista o gesto a sottolineare l’impor tanza di questi temi, mostrandone la centralità per la Chiesa cattolica che si fa carico di questa nuova sfida, a cui non può rinunciare. Una sfida portata avanti dal pontefice che invoca sempre più l’apertura delle chiese: che siano accoglienti e a disposizione degli ultimi, rompendo il guscio di autoreferenzialità e creando una Chiesa in uscita, una Chiesa che si muova e che vada verso le periferie. Ma quali e cosa sono queste periferie? Quando il pontefice parla di periferie non fa riferimento a un concetto univoco o a una sola definizione, ma sicuramente la sua idea – che è entrata prepotentemente anche negli argomenti extra religiosi – non si può riferire solamente a un luogo fisico.

Certamente, quando parla di periferie egli si riferisce anche a quelle geografiche, cioè zone o Stati che, per motivi storici, politici ed economici si trovano in questa contemporaneità ai margini del processo di sviluppo. Geograficamente parlando, può essere inteso periferia il continente africano che sempre con difficoltà prova a uscire dal proprio isolamento e sfruttamento; periferia può essere la Grecia, Stato vicino a noi, ma in questo momento storico ai margini delle politiche europee; periferia geografica può essere la periferia di Milano, tra le ultime mete di viaggio del pontefice.

Tutto ciò per dire che oggi non possiamo far riferimento a un luo go geografico ben preciso, ma che anche le periferie si trovano a un palmo di naso dal centro e, come spesso ha affermato papa Francesco, può essere periferia anche il nostro vicino di casa. Sì, anche il vicino di casa può essere periferia e in questo modo viene distrutta un po’ l’idea che chi sia ultimo, colui che ha bisogno di accoglienza: non solo e non sempre lontano da noi. Cristianamente parlando, periferia può essere quel luogo che si trova lontano dal cuore pulsante della Chiesa o posso essere quelle zone nel mondo in cui non si ha la possibilità di essere Chiesa. Periferia possono essere anche tutti quegli individui che ormai sono fuori dal mercato del lavoro, che hanno difficoltà fisiche, mentali, di anzianità.

In poche parole, tutti coloro che non sono più utili alla società e che non sono più efficienti sotto al profilo economico, alimentando – con questo pensiero – quella “cultura dello scar to” che crea sempre più emarginazione. Periferia può essere anche ciò che non si può toccare con mano e, proprio per questo, il pontefice ha introdotto un’altra tipologia di periferia, quella “esistenziale”, che fa riferimento a tutti coloro che in questo momento si trovano lontano dalla fede per i motivi più disparati. È in periferia chi non ha mai avuto l’opportunità di accedere ai sacramenti o chi non ha mai avuto la possibilità di essere cristiano. In periferia è anche chi ha avuto la possibi lità di ricevere i primi sacramenti, ma che poi per decisioni proprie o dovute a fattori esterni ha stabilito di allontanarsi dalla fede, oppure chi ha ritenuto totalmente scomodo credere.

Sono coloro che non hanno una ben precisa posizione geografica: in questo caso si può essere in periferia sia nel paese più lontano dalla cristianità che nei paesi che hanno una forte tradizione cattolica alle spalle. Le periferie esistenziali rappresentano le nuove sfide che la Chiesa di papa Francesco ha accettato, una Chiesa che ha il compito di portare la “buona novella” e di condividere con urgenza con tutti, “dal pic colo al vicino”, il messaggio e la realtà più autentica del messaggio cristiano. La cura delle periferie oggi è essenziale, è una sfida epocale e necessaria, e questo non è solo il pensiero di Francesco, ma oramai è centrale anche nell’agenda politica di molti primi ministri e statisti anche nell’ottica del rischio di radicalizzazione di idee o fenomeni contrari ai principi di uno Stato.
[Continua…]

Galante Teo Oliva

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