
Periferie ferite e Chiesa: la sfida educativa del nostro tempo
Papa Francesco e l’appello per una giustizia sociale globale
Francesco: la Chiesa e le periferie
di Teo Galante Oliva
Questa serie, di sei articoli che costituiscono il saggio di Galante Teo Oliva tratto dal libro Il centro si guarda meglio dalla periferia (Polis SA Edizioni, 2017), riflette sul magistero di Papa Francesco e sulla sua visione di una Chiesa vicina alle periferie, sia geografiche che esistenziali. I testi affrontano temi cruciali come l’educazione, la famiglia, il consumismo e l’individualismo, interrogandosi sul ruolo della Chiesa nel rispondere alle sfide sociali e morali contemporanee. La proposta di una Chiesa povera per i poveri emerge come risposta a un mondo segnato dalla superficialità e dall’omologazione. Se questo aspetto della marginalità e di cura agli ultimi è presente nel DNA del cattolicesimo, perché il pontefice, subito dopo l’elezione, ha sentito la necessità di un riavvicinamento con le periferie? E soprattutto perché e quando si è avuto questo allontanamento?
(Foto di copertina elaborata a partire da immagine di www.vaticannews)
La Redazione
5-Periferie ferite e Chiesa: la sfida educativa del nostro tempo
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Come già è successo in passato nelle maggiori periferie europee, il crollo del Partito Comunista e la laicizzazione hanno lasciato uno spazio vuoto, 35 spesso pericolosamente occupato da organizzazioni parallele allo Stato, organizzazioni che hanno creato e creano ancora oggi non poche problematiche all’interno degli Stati. Pensiamo al nostro Paese in cui la mafia, la camorra, la ‘ndrangheta sono riuscite proprio nelle periferie a creare il loro esercito di “fedeli” e adepti, minando sempre più la stabilità dello Stato. Ma pensiamo anche ai Paesi a forte presenza di immigrati, come Parigi o Lon dra, nelle cui periferie si è radicata una forte radice violenta contro l’Occidente e la sua società, violenza nata dalla mancanza di integrazione di questi soggetti nella comunità, relegati – come sono – negli angoli bui della città e della società. La cura delle periferie deve essere l’antidoto ai nuovi integralismi e alle nuove devianze. Il pontefice ha sottolineato più volte questo messaggio dopo gli attentati che stanno sconvolgendo l’Europa negli ultimi anni.
Quasi con preveggenza nell’esortazione apostolica Evangelii Gaudium affermava: «oggi da molte parti si reclama maggiore sicurezza. Ma fino a quando non si eliminano l’esclusione e l’iniquità nella società e tra i diversi popoli sarà impossibile sradicare la violenza. Si accusano della violenza i poveri e le popolazioni più povere, ma, senza uguaglianza di opportunità, le diverse forme di aggressione e di guerra troveranno un terreno fertile che prima o poi provocherà l’esplosione». Quindi c’è bisogno di interrompere questo processo di estremizzazione dei valori religiosi o dei valori criminali, altrimenti mai si potrà immaginare una società migliore perché «se ogni azione ha delle conseguenze, un male annidato nelle strutture di una società contiene sempre un potenziale di dissoluzione e di morte. È il male cristallizzato nelle strutture sociali ingiuste, a partire dal quale non ci si può attendere un futuro migliore»15. Anche nella Enciclica Laudato si’ il pontefice ha espresso la sua perplessità sulle nuove forme di violenza che si stanno radicando in questi ambienti: infatti, «l’estrema penuria che si vive in alcuni ambienti privi di armonia, ampiezza e possibilità d’integrazione, facilita il sorgere di comportamenti disumani e la manipolazione delle persone da parte di organizzazioni criminali. Per gli abitanti di quartieri periferici molto precari, l’esperienza quotidiana di passare dall’affollamento all’anonimato sociale che si vive nelle grandi città, può provocare una sensazione di sradicamento che favorisce comportamenti antisociali.
La creazione di legami puri e sinceri, con la nascita di reti all’interno delle periferie, può essere antidoto alle nuove forme di violenza. Come agire e come fare? In precedenza è stato detto più volte che questa è la nuova sfida del cristia nesimo e penso che il termine “sfida” sia il più giusto da usare. Il cristiano deve accettare questo nuovo compito. Il cristiano, ma in realtà l’intera so cietà, è chiamato a uscire e non chiudere più gli occhi. «La Chiesa in uscita» significa andare, incontrare, tessere relazioni, ascoltare. Andare in “periferia” significa donare se stessi per il miglioramento della realtà. Mai andare con spirito “borghese”, di superiorità e con un atteggiamento dall’alto verso il basso”, ma essere alla pari, fondersi con questa realtà: una chiesa alla pari degli ultimi. Un andare che annulli due mali che il pontefice più spesso ha de plorato: la cultura dello scarto, di cui già abbiamo accennato in precedenza, e la “globalizzazione dell’indifferenza” che ci rende insensibili all’altro, che ci fa “vivere in bolle di sapone, che sono belle, ma non sono nulla, sono l’illu sione del futile, del provvisorio”, che ci rende indifferenti verso gli altri. Ciò costituisce una minaccia per la famiglia umana e per la pace.
È un compito complesso a cui nessun cattolico può sottrarsi e bisogna provare a rimettere al centro delle politiche e della società non più l’individuo nella sua forma più narcisista, ma l’individuo come soggetto essenziale per l’intera comunità. Queste problematiche non sono semplici da affrontare e da risolvere e il papa spesso sottolinea questo aspetto. Sicuramente non esiste una bacchetta magica che riesca a rimettere tutto “in ordine”, ma importante è intraprendere un nuovo corso che crei nuove reti sociali, comunitarie, politiche e religiose. Proprio per fare ciò Francesco a più ripresa ha ribadito la centralità dell’educazione. Purtroppo sempre più spesso accade che solamente alcuni popoli o alcune regioni del mondo abbiano il diritto di ricevere un’educazione e un’istruzione, con lo svuotamento quotidiano dell’idea dell’istruzione come diritto fondamentale e inalienabile. La mancanza di educazione, in tutte le sue sfaccettature, porta a una differenziazione sempre più marcata tra popoli e continenti, creando una divisione netta, allontanando sempre più due parti del mondo, un divario incolmabile tra centri e periferie. Il pontefice più volte ha affermato che ciò non è normale, che non può e non deve accadere nella società contemporanea, dove «nessuno può essere escluso dalla possibilità di ricevere valori». Per questo e sempre più spesso il papa chiama i tanti educatori ad andare nelle periferie, perché solo in questo modo si può ricucire l’umanità ferita e divisa. La mancanza di educazione porta a un’economia di esclusione caratterizzata da enormi masse della popolazione mondiale emarginate, senza prospettiva, senza via d’uscita.
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Galante Teo Oliva
Puntate già pubblicate