Mar. Apr 30th, 2024

Mettiamoci un punto

Morti sul lavoro: al di là delle misure di prevenzione adottate e delle norme che hanno regolato la materia fino ad oggi, si coglie l’urgenza di mettere mano ad un nuovo piano strutturale, che si basi su nuove garanzie, su nuovi paletti, più proficui di quelli vigenti

Da decenni, le cifre sui decessi definiti “morti bianche “rappresentano una triste e lunga sciagura nazionale: una corona di granelli da contare, affidata ahimè, a dati freddi, nudi, crudi

di Pina Esposito

Proviamo a metterli in fila questi morti  dall’inizio dell’anno ad oggi(inclusi  i quattordici decessi delle ultime ore, fra fine Settembre ed inizio Ottobre),conteremo, in questo immaginario scenico, tutti gli abitanti di qualche piccolo borgo italiano, in una vallata qualsiasi delle Alpi  o sul cucuzzolo di un punto qualsiasi della  dorsale appenninica. Questo solo se registriamo i dati del 2021.

Erano seicentonovantaquattro nostri connazionali ed ora corrispondono ad altrettanti croci, nei cuori dei loro cari e nei cimiteri di diverse zone geografiche del nostro Paese.

Ora, a fronte di questa immane tragedia ed al di là delle  misure di prevenzione adottate e delle norme che hanno regolato la materia fino ad oggi,si coglie l’urgenza di mettere mano ad un nuovo piano strutturale, che si basi su nuove garanzie, su nuovi paletti, più proficui di quelli vigenti.

La conta dei defunti,dunque,spinge necessariamente a rendersi conto che bisogna fare di più,evitando  che la lista dei lutti si  incrementi ulteriormente.

 Le pagine di cronaca non dovrebbero più raccontarci di vite divelte,distrutte. Pagine raccapriccianti che rappresentano la disfatta sociale e politica di un tempo malato,qual è il  nostro.

Dolore ed impotenza, per queste vittime, vanno a braccetto, ma bisogna necessariamente capire che l’impotenza va separata dal dolore e superata con provvedimenti da elaborare al più presto, affinché uno degli articoli più nobili della nostra costituzione, non sia ulteriormente infangato nella sua intrinseca essenza, quale diritto primario ed inalienabile del cittadino , come succede  da molto, dall’ombra della morte infausta.

Draghi e i sindacati,in particolare Landini della CGIL, a poca distanza dalle recentissime disgrazie,incontrandosi,hanno parlato dell’urgenza di mettere mano a nuovi interventi per la tutela dei lavoratori e per garantire maggiore sicurezza nei luoghi del lavoro.

Oltre le buone intenzioni,aspettiamo,quindi, un nuovo decreto; poi vedremo nei dettagli i punti in cui  esso sarà articolato. Il vertice che si è tenuto a Palazzo Chigi,dunque, fa ben sperare. Intanto nell’attesa,incrociamo le dita ed auguriamoci di non fare altre dolenti addizioni ad una cifra già in sé spaventosa.

Quanto detto in premessa, non esaurisce un argomento complesso, ma è una riflessione anche emotiva  che non  mi sottrae dal bisogno di offrire  un elegiaco omaggio, unico fiore  di cui dispongo, da  consegnare  all’esercito di donne ed uomini che per il lavoro ed in nome del lavoro, hanno smesso di vivere.

E questo mio Fiore, intriso di amore e di sdegno, vorrei che lo annusassero anche e,  soprattutto, quelli che trasformano il  lavoro in un’arma di vilipendio, per sfruttare, derubare gli altri e l’intera società.

foto: SeiTv

 La lista  è lunga; inutile elencarla. Di farabutti siamo pieni, ma non mancano, in questa lista, quelli che dal lavoro “vanno fuggendo”, preferendo una vita fatta di cialtronerie e di meschini espedienti.

Ai denigratori del lavoro e a chi ,in senso lato, lo “snobilita” dedico il mio fiore :ogni petalo di questo metaforico fiore porta con sé un’immagine ed ogni immagine riguarda  una dipartita  e ciò che l’ha determinata.

Sicché, nello strappare petalo per petalo si snodano  le configurazioni terrificanti di  macchinari  che sgozzano, che triturano, che ingoiano corpi . Ecco: si  colga la ferocia ingiusta che ha sottratto, per accidenti impensabili, tremendi ,alla vita chi, per campare, si stava sudando un salario, proprio nell’esplicitazione piena   del suo lavoro.

Ci sono pure i  voli dall’alto di impalcature ,voli  che si  schiantano a terra, sull’asfalto, senza far caso all’ età di chi ,da uomo, si trasforma in uccello involontario. Un povero uccello morto.

 Rievoco, fra tante  altre, anche le immagini che ricordano i vapori che esalano da vasche con veleni vari e che annientano per sempre ogni respiro. Acidi corrosivi, composti chimici micidiali, addirittura mosti di vino(il buon vino che dovrebbe inanellare allegria con le sue bollicine) che procurano asfissia e, a volte, morti a catena. Un soccorso, in certe circostanze, che trasforma un gesto di aiuto nell’immediata causa di un ulteriore decesso.

In questa carrellata orrida di disgrazie, vanno a ficcarsi i dolori dei parenti, lo sgomento sociale, le inadempienze, la superficialità, la mancanza di scrupoli. Insomma, di roba ce n’è tanta!

Nell’esaurire queste righe,l’amarezza mi induce a credere, che per i  responsabili di tante vittime, per i datori di lavoro, queste immagini siano, dovrebbero essere, la sostanza con cui  impastano il loro  sonno, nonché il punto di partenza per approcci diversi, sicuri nella conduzione delle loro attività produttive.

Ma quei corpi raggelati, sminuzzati, o integri, come manichini perfetti, oppure mutilati in più parti, sono una condanna in  cui il  rimorso e la pena da espiare, non bastano  da sole a risanare l’ingiustizia sociale toccata in sorte a tanti lavoratori.

Sono sempre gli ultimi che pagano lo scotto di diseguaglianze sociali non più accettabili. Perciò urge una svolta epocale, politiche veramente riformiste ispirate ai grossi temi attuali, fra cui permane un divario sociale eclatante, non  più sopportabile.

Una vignetta di Vauro

Ormai, l’operaio, che rappresenta una categoria bistrattata, dimenticata,(ricordate il mitico Cipputi?),non solo esiste ancora nella stratificazione delle classi sociali, non solo  si aliena ancora nel prodotto del suo lavoro(come direbbe Marx) , ma ne viene fagocitato, cedendo ad esso, addirittura, la propria vita.

Triste storie, questi decessi, che segnano il nostro moderno Medioevo, che implorano ed impongono  che a tutto ciò sia messa la parola fine: un punto, per favore, mettiamoci un punto. Rifondiamo  lo stato sociale, risvegliamo la ragione dal lungo sonno in cui è calata.     

(foto copertina: articolo21.org)

Pina Esposito

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