“Guernica, 1937” di Angelo D’Orsi

Venerdì 23 maggio , pro1seguendo l’attività culturale della Libreria Punto Einaudi a Nocera Inferiore, vi è stata la presentazione del libro di Angelo d’Orsi “Guernica 1937”. Sono intervenuti, coordinati dalla giovane ricercatrice storica e membro del nostro Comitato Scientifico Nunzia Gargano: Anna Califano Giuseppe Galzerano Guido Panico e Giovanna Scocozza. Gli interventi sono stati dotti, appassionati e stimolanti, tanto da indurmi a fare delle brevi considerazioni. Il libro è molto interessante in quanto sostanzialmente individua l’anno 1937 , definito anno horribilis, come uno spartiacque , un punto di non ritorno: il fascismo trionfa, in Italia muoiono vittime del regime Gramsci e i fratelli Rosselli, Hitler elabora i suoi piani d’assalto al mondo, lo stalinismo come terrore politico giunge al suo culmine. Al di là di tante considerazioni nella Guerra Civile spagnola vi sono alcuni aspetti che vanno ribaditi. Si coagulò a livello internazionale tra il “popolo” degli antifascisti, della “sinistra”, degli intellettuali, una capacità di risposta militante e volontaria – le Brigate Internazionali- che non si è mai più ripetuta nei pur numerosi e tragici avvenimenti del secolo scorso e dell’attuale (vedi Vietnam, Il Cile o l’Argentina, la Palestina…) . Mentre la risposta alla democrazia spagnola, per le classi dominanti quali l’aristocrazia monarchica e il clero cattolico, fu univoca – tutti erano “rossi” – e distruttiva fino alla barbarie come a Guernica, al contrario il popolo democratico e di sinistra si divise fino ad arrivare alla eliminazione fisica dei “dissidenti”. Questo aspetto è stato molto ben ricordato dall’appassionato intervento di Galzerano quando ha parlato dell’assassinio dell’anarchico Camillo Berberi. Con Guernica infine, si afferma il “terrore” come immagine come “icona didascalica”. Fino ad allora l’eliminazione fisica dell’avversario era “necessaria” , la barbarie consisteva e mirava alla distruzione fisica del nemico per impedirgli di combattere ancora. Come ha messo in luce Giovanni de Luna nel suo saggio su “Il corpo del nemico ucciso” Einaudi 2006, quella “moderna” non è più barbarie in senso classico ma affermazione di una dimensione tecnologica, di massa, mediatica. Quindi le persone che incarnano il nemico vanno non solo eliminate ma anche profanate. Nella morte e nella immagine del nemico ucciso si deve sempre prevedere questa rappresentazione mediatica. E’ qui anche la grandezza del genio di Picasso che ha saputo coagulare nella sua opera non solo l’orrore della morte distruttiva ma anche il passaggio di questa a rappresentazione iconografica e mediatica.

Di Ubaldo Baldi