il PONENTINO – N°2

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pag 2. Editoriale – Si riparte?!

Era l’ottobre del 2014 quando Il Ponentino, in edicola dal 1987, annunciava il suo ultimo numero. Dopo 27 anni il mensile che informava su Pegli e Ponente genovese, edito dal Circolo culturale “N. Sopranzi”, chiudeva…


pag 3. In primo piano – Assalto alla Vesima?

Di Antonio Marani
Il polmone verde della Vesima, tra tutte le valli che si affacciano sul mare di Genova, risulta il punto più settentrionale del Golfo ed anche l’unica rimasta con vocazione interamente rurale, ma potrebbe non essere più così, visto la Proposta di Giunta al Consiglio comunale n. 39 del 20/05/21 ad oggetto : “ADOZIONE VARIANTE AL PUC”…


pag 4. Mostre – Successo di pubblico per la mostra fotografica “Pegli, attraverso i colori del novecento

di Antonello Rivano
Si è conclusa domenica 31 ottobre la mostra fotografica organizzata dalla Pro Loco di Pegli in collaborazione con il collezionista Elvio Perazzo, numerose le persone che l’hanno visitata, oltre 5.000…


pag 5. Eventi – Pegli. 4 novembre 2021 un Centenario particolare: “La Traslazione del Milite Ignoto

Gen. b. (ris) Luciano REPETTO
Il 29 ottobre  u.s., presso  Villa Rosa a Pegli, è stata organizzata una Cerimonia in ricordo dei Caduti della Grande Guerra, in particolare di quelli Pegliesi e del Ponente Genovese…


pag 6. La Pegli del dopoguerra – Quelle domeniche mattina al Morteo

di Giuseppe Gorziglia
La domenica mattina, a Pegli come in ogni luogo sperduto dell’Italia piena di ottimismo del dopoguerra, era tempo di perpetuare alcuni riti che
rappresentavano la ritrovata voglia di vivere dopo i tetri anni del conflitto…


Appuntamenti


pag 7. Pegli. Domenica 21 novembre Santa Messa Solenne per la Madonna dello schiavo con la presenza della delegazione di Carloforte

Appuntamento religioso in occasione della ricorrenza della Madonna dello Schiavo di Carloforte. La Santa Messa sarà celebrata nella chiesa della Parrocchia S.Maria Immacolata e San Marzano
All'interno i dettagli e l'allegato in PDF del volumetto "Pegli e Carloforte" pubblicato nel 1967.


Associazioni & Comitati: cosa fanno, chi sono


pag 8. Comitato Pegli bene comuneE’ sempre più un bel…vedere!

Sabato 6 novembre, mattinata di lavoro per i volontari del Comitato Pegli Bene Comune in un luogo tra i più belli e caratteristici del quartiere…


pag 9. Gruppo genitori di PegliPetizione per Villa Rosa

Il “gruppo genitori di Pegli” ha lanciato la petizione online: Salviamo il parco di Villa Rosa dal degrado…


pag 10. Il Comitato “Una Piazza Per Pegli” scrive alla Civica Amministrazione

La nostra finalità, in collaborazione con le altre realtà associative e di volontariato del territorio, è quella di migliorare il look e la fruibilità degli spazi comuni del quartiere..


pag 11.Voltri: Associazione Amici della Villa Duchessa di Galliera

Si tratta di un’associazione fondata nel 2005 con l’intento di preservare e promuovere uno dei parchi storici più importanti della Città di Genova.


Rubriche



pag 12. Ponente d’oltremare – Calasetta, il racconto della sua fondazione

di Remigio Scoppeliti
Il 6 settembre 2020 Calasetta ha compiuto duecentocinquant’anni, ripercorriamo la storia affascinante della sua nascita…


pag 13. E Pòule/Le parole: Miscio

di Fiorenzo Toso
“Miscio”, una parola usata in genovese per indicare chi è squattrinato…


pag 14. Libri e autori-“Genova e il corallo (Liberodiscrivere 2020) di Pier Guido Quartero ed Enzo Dagnino

Di Antonello Rivano
“Genova e il corallo”
 (Liberodiscrivere Editore 2020) è il frutto di un lavoro certosino e di una ricerca durati due anni, Pier Guido Quartero ed Enzo Dagnino hanno messo alla prova le loro capacità e le loro doti, senza tralasciare la cosa più importante di tutto: la passione…


pag 15. La Cucina-Il Pesto Genovese, simbolo della gastronomia ligure

di Redazione Liguria
Una salsa semplice, saporita, adattabile agli usi e alle abitudini di chi lo prepara, figlia di una terra racchiusa tra mare e la montagna…


pag 16. L’angolo della poesia – “Zénadi Margherita Crasto

Poesia in tabarchino-Primo premio assoluto al Concorso “Genova nel cuore” 2005…


Nel prossimo numero- Video Intervista e Maurizio Lastrico: la genovesità e l'importanza delle radici. Antonello Rivano colloquia con l'istrionico attore genovese.


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Per scriverci invia la tua mail a redazione.ilponentino@gmail.com


Archivio numeri de “il PONENTINO”



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Redazionale

Era l’ottobre del 2014 quando Il Ponentino, in edicola dal 1987, annunciava il suo ultimo numero. Da allora l’editoria è cambiata e si è dovuta adattare ai nuovi mezzi di comunicazione, in alcuni casi facilitando le “ripartenze”.
Si riparte non riproponendo quello che, soprattutto nella forma, è difficile da sostituire, ma con qualcosa di nuovo che nel nome, nei propositi, e nelle radici della storica testata ha la sua base.
Le radici non possono che essere quelle del nome dei due storici direttori de Il PONENTINO che alla sua guida si sono alternati: Antonio Marani e Giorgio Fuiano, del Circolo Culturale Norberto Sopranzi che il PONENTINO ha creato e pubblicato. Gli intenti sono quelli di una informazione libera, con piedi e occhi sul territorio. Una voce in più per associazioni, comitati, e per tutti coloro che hanno a cuore il territorio: ambiente, storia, cultura, società…ecc.
Il Ponentino riparte come allegato periodico della testata nazionale di informazione online Polis SA Magazine, il cui direttore responsabile è Mario Avagliano, giornalista professionista che collabora con le pagine culturali de Il Messaggero e Il Mattino, scrittore e studioso, esperto della storia della Resistenza e dell’antifascismo. Ha ricevuto diversi riconoscimenti per la sua attività di saggista storico.
L’editore è Polis SA Edizoni, marchio di IGO (Istituto Galante Oliva).
L’Istituto è intitolato a Galante Oliva sindacalista e politico di Nocera Inferiore (SA) che ha contribuito con battaglie di rilievo a dare dignità, insieme ad altri, ai lavoratori e ai più deboli. IGO Promuove attività di studio e ricerca sulla storia e problemi della società contemporanea.

La redazione del Il PONENTINO al momento comprende, oltre ad Antonio Marani e Giorgio Fuiano, anche Enzo Dagnino e Marco Maltesu, insieme ad Antonello Rivano, Capo redazione nazionale del Magazine e referente dell’editore, “carlofortino per nascita e pegliese per amore e adozione“, come lui stesso ama definirsi. Abbiamo messo il punto interrogativo nel titolo di questo redazionale: Si riparte?! Il perché sta nel fatto che questa ripartenza dipenderà si dalla volontà dell’editore e della redazione, ma soprattutto da voi che in questo momento leggete. Dipenderà dal vostro gradimento, dalla vostra attenzione e tantissimo dalla vostra collaborazione. La nostra sarà una redazione aperta a tutti coloro che vorranno dare il loro apporto.

Come per tutte le testate online, anche per le anche per le “grandi”, sarà fondamentale il ruolo dei social, nostre vetrine ed edicole, a partire dalla nostra pagina FB ufficiale. Ancora una volta sarete voi i protagonisti, facendo viaggiare sul web il nostro/vostro Ponentino.
Concludiamo allora facendo a voi questa domanda: Si riparte?!
Per scriverci via mail: redazione.ilponentino@gmail.com

Redazione de Il PONENTINO

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In primo Piano

Assalto alla Vesima?

La città di Genova nel 1971 contava 817.000 abitanti. La recessione demografica, che da allora sta soffrendo, l’ha portata a 550.000 unità con un calo di 240.000 ! Il ché sta a spiegare perché abbiamo circa 40.000 appartamenti disabitati. In alcune zone come la Valpocevera, cioè in periferia, come riporta con i suoi studi l’architetto Francesco Gastaldi, “ci sono già zone dimenticate intorno alla ex fabbrica Miralanza con interi palazzi vuoti “.

Questi numeri sono un evidente segnale che la nostra città è da molto tempo in crisi. Il perché si spiega con due motivi principali:
Il ridotto tasso di natalità e la mancanza di lavoro a causa della fuga di molte aziende nel basso Piemonte e dei giovani che, finiti gli studi, trovano lavoro in Lombardia ed in Piemonte, quando non anche all’estero.
Molti poi formano cola’ nuove famiglie.
A tutto ciò si affianca un invecchiamento generale dei residenti e conseguente ulteriore abbandono delle case.

Quanto sopra ad evidenziare le ragioni da considerare per chi è tenuto a dare una risposta ad eventuali proposte dì progetti di edificazione nel Comune ed in particolare, con ancora maggiore attenzione, nei pochi tratti rimasti incontaminati lungo la costa tra Voltri ed Arenzano, dove esiste il polmone verde della Vesima, tra tutte le valli che si affacciano sul mare di Genova, risulta il punto più settentrionale del Golfo ed anche l’unica rimasta con vocazione interamente rurale.

Dal 13 febbraio 2021 il nostro paese, per la prima volta, ha introdotto a seguito della formazione del governo presieduto da Mario Draghi, il ministero denominato “ della transizione ecologica“.
Tale ministero dà nuove competenze a quello che, una volta, era il ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare.
Il buon senso pertanto ci suggerirebbe, tornando a noi, di salvaguardare quel tratto di verde della Vesima che dagli esperti della materia viene definito ” coerente*” nel paesaggio storico della zona.
“Coerente” è definizione che non tollera progetti che siano contrari ​a tale significato.

*I paesaggi dell’Italia medioevale. Di Riccardo Rao. Carrocci Editore Spa. Roma 2015

Riguardo alla Variante al PUC richiesta per l’ambito di Vesima riportiamo le dichiarazioni del Presidente del Municipio VII-Genova Ponente Claudio Chiarotti

La variante al PUC richiesta per l’ ambito di Vesima la ritengo ad oggi pericolosa e foriera di una possibile cementificazione.
Intanto è utile ricordare che tale variante non è riferita solo alla Vesima ma andrebbe ad interessare le situazioni analoghe della città.
E di fatto verrebbe a mancare una prerogativa il quale PUC andava a regolamentare ,ossia laddove possibile il recupero delle zone rurali spingendo forte sul ritorno all’utilizzo agricolo delle stesse.
Per caratteristiche è appunto la Vesima la zona per la quale il Municipio in passato ha prodotto il maggior numero di osservazioni al momento dell’ adozione del PUC vigente, cercando di valorizzare e rilanciare la vocazione agricola di quel luogo preservandone le caratteristiche storico culturali con un occhio di riguardo alla tenuta idrogeologica.
Purtroppo in questi anni nulla o pochissimo e stato fatto da parte della proprietà e ora la stessa ci dice di voler levare il vincolo agricolo per poter riqualificare la Vesima.
Ecco il punto sta qui: non è accettabile pensare che costruire residenze debba essere un modello di riqualificazione senza per altro aver dimostrato in questi anni di mettere in atto tutto quanto necessario per garantire manutenzione e riqualificazione che il PUC vigente assolutamente permetteva.
Siamo e saremo sempre disposti a sederci intorno ad un tavolo per costruire insieme un modello che possa rilanciare quella zona, cosa che purtroppo al momento non ci è stata permessa nonostante gli impegni assunti, sia dalla proprietà ,sia dalla Civica Amministrazione centrale.

Alleghiamo i PDF con gli Atti del Municipio VII-Genova Ponente

In corso anche una petizione online #TranneGenovaVesima – Petizione popolare contro la variante al PUC di Vesima indetta dal  Comitato per la Salvaguardia del Territorio della Vesima che al momento in cui scrivoamo conta 1785 firme

Sull’argomento ritorneremo per tenervi informati sugli ulteriori sviluppi del progetto.

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Mostre

Successo di pubblico per la mostra fotografica “Pegli, attraverso i colori del novecento

Elvio Perazzo mentre illustra i contenuti della mostra a dei visitatori

Si è conclusa domenica 31 ottobre la mostra fotografica organizzata dalla Pro Loco di Pegli in collaborazione con il collezionista Elio Perazzo, numerose le persone che l’hanno visitata. oltre 5.000…

di Antonello Rivano
Per il resoconto della mostra attingiamo direttamente dalle parole di Elvio Perazzo “Abbiamo contato oltre 5000 presenze di non solo pegliesi ed oltre 400 commenti estremamente favorevoli ed entusiasti per l’iniziativa. Questo mi obbliga a ringraziare la Pro Loco di Pegli per la solerzia e la costante presenza e competenza nel promuovere e gestire l’evento e a sottolineare la riconosciuta e notevole professionalità di Giulio Photo Pegli di Viale Modugno che ha consentito di apprezzare le 170 riproduzioni esposte.

Riproduzione i manifesti pubblicitari esposte davanti all’ingresso della mostra

La mostra si è svolta presso il Centro Culturale Pegliese dal 16 Ottobre al 31 Ottobre. Tante le riproduzioni di immagini che ritraevano una Pegli colorata, e nei suoi aspetti più belli  e caratteristici, di un tempo ormai andato: centosettanta più una serie di manifesti pubblicitari. Materiale fornito dal collezionista Elvio Perazzo, un “felicemente pensionato”, come lui stesso si definisce, pegliese  che oltre al raccogliere foto, cartoline  e pubblicazioni che riguardano la sua Pegli , le condivide in rete attraverso i social, la sua pagina FB “Pegli da scoprire” conta 1500 fedelissimi Followers, e sul sito www.pegliese.it dove sono presenti ben cinquemila file.  

Una delle riproduzioni esposte

La Mostra ha avuto come soggetto i colori delle cartoline, acquerelli, guide turistiche e manifesti che hanno accompagnato Pegli attraverso un percorso che inizia nel 1890 e termina nel 1972. Con quelle immagini abbiam o l’epopea del turismo d’elite che si estende dal primo novecento fino all’inizio della Seconda Guerra Mondiale ed il turismo di massa del dopoguerra fino al declino della Pegli turistica che si concretizzerà con la chiusura dell’Azienda Autonoma di Soggiorno nel 1981.

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Eventi

Pegli. 4 novembre 2021 un Centenario particolare: “La Traslazione del Milite Ignoto

Villa Rosa-cerimonia 4 novembre
Il 29 ottobre  u.s., presso  Villa Rosa a Pegli, è stata organizzata una Cerimonia in ricordo dei Caduti della Grande Guerra, in particolare di quelli Pegliesi e del Ponente Genovese, a cui hanno partecipato oltre  duecento studenti, venti tra Bandiere  Labari delle Associazioni Combattentistiche e d’Arma e Culturali di Pegli.

Gen. b. (ris) Luciano REPETTO

Avendo avuto il patrocinio del Municipio 7°  Ponente, l’ufficialità dell’evento ha fatto sì che fossero presenti  rappresentanti delle Autorità civili, militari e  religiose città di Genova nonché i Consoli Onorari Francese ed Inglese. Oltre al saluto del Presidente del Municipio, Claudio Chiarotti e del Presidente di Assoarma Genova Bers. Cav. Lorenzo Campani, l’Assessore allo Sviluppo economico e Patrimonio  Stefano Garassino ha preso la parola per conto del  Sindaco e del Consiglio Comunale  di Genova.  L’evento storico quest’anno ha assunto un doppio significato in quanto ricorre anche il centenario della Traslazione delle spoglie del “Milite Ignoto” dai campi di battaglia del Nord Est Italiano  a Roma.

29 ottobre-deposizione corona Viale Rimembranza

L’evento storico e’ stato sinteticamente illustrato ai ragazzi dal Generale D. (ris.) Enrico Mocellin Presidente dell’Associazione del Fante.

Purtroppo le limitazioni dovute al contrasto al COVID 19 , non ci hanno permesso di andare oltre la deposizione delle corone alla lapide dove sono riportati i nomi dei 69 caduti,  in Viale della Rimembranza,  accompagnati dalle musiche della Filarmonica Pegliese  Chiusamonti.

Scuola Infantile Villa Rosa-Cerimonia 29 ottobre

Un  ringraziamento particolare va  alla Dirigente dell’ Istituto Comprensivo di Genova Pegli Prof.ssa Marina OSTELLI ed a tutto il Corpo Docente,  che hanno permesso agli  studenti  partecipare. Speriamo di aver dato l’opportunità alle nuove generazioni, che saranno la“società di domani”, di conservare il ricordo di quei valori per i quali tanti giovani di allora sacrificarono la propria vita per consentire a noi, oggi, di vivere in un’Italia, Europa e Mondo liberi e migliori.

Il Presidente Provinciale Associazione Nazionale Artiglieri
Gen. b. (ris) Luciano Repetto

Video 29 ottobre 2021 Pegli Commemorazione Milite Ignoto https://www.youtube.com/watch?v=suinQTR0Q30

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La Pegli del dopoguerra

Quelle domeniche mattina al Morteo

di Giuseppe Gorziglia

La domenica mattina, a Pegli come in ogni luogo sperduto dell’Italia piena di ottimismo del dopoguerra, era tempo di perpetuare alcuni riti che
rappresentavano la ritrovata voglia di vivere dopo i tetri anni del conflitto.
Accanto alla messa, al raduno sul sagrato della chiesa, alla giacca e cravatta (e cappello) dei capifamiglia, al cabaret di paste a rimpinguare il rito del pranzo domenicale, per la parte maschile di Pegli c’era la partita al campo sportivo “Morteo”.

Da ogni parte di Pegli si sciamava, attraverso Via Parma, al cunicolo di via Cialli che conduceva allo stadio locale, secco e polveroso per l’arsura estiva a settembre, chiazzato di pozze e fangoso nella stagione autunnale delle piogge. Spesso chi si avventurava lì neppure sapeva, data l’assenza mediale degli anni ’50, quale partita fosse in programma, se sarebbe scesa in campo la Pegliese, poi divenuta Elah Pegli per la sponsorizzazione della locale azienda dolciaria,
l’Edera, costretta a trasmigrare verso levante dalla non omologabilità del campo della Branega, o addirittura qualche compagine sampierdarenese (Lanterna,Buranello, Fincosit, Siac ecc.).

Era un calcio sanguigno, a cui contribuiva dagli spalti, ad onta delle grisaglie, un tifo focoso e virulento. Le ridotte dimensioni, soprattutto in larghezza, del terreno di gioco, davano origine a battaglie feroci, che esaltavano il pubblico.

All’omino in nero che si era preso la briga di vestire la casacca arbitrale erano riservati gli insulti più smodati e facinorosi
Non mancavano poi alcuni coloriti personaggi di contorno, come il “venditore di pistacci” o l’omino che, munito di “salaio” si prestava, dietro compenso della società ospitante, a recuperare i palloni che, calciati maldestramente, finivano nella “gea” , cioè l’adiacente Varenna.
Alla fine degli anni ’50, accompagnato da mio padre, anche lui rigorosamente ingiacca e cravatta, dopo che per tutta la settimana aveva indossato il “tonni” dell’Ansaldo, ero anch’io uno dei tanti della gradinata del Morteo.Dopo la messa domenicale delle 9 all’Immacolata, imposta dalla mamma, ma alla quale mio padre, socialista, si asteneva, lui con “Il Lavoro” nella tasca della giacca, io con qualche caramella comprata nella latteria in via Parma, ci presentavamo alla biglietteria con le canoniche 100 lire (ma i bambini entrano gratis!).

D’inverno, alla domenica mi svegliavo con il terrore che piovesse e, appena
sveglio, sbirciavo dietro alle persiane chiuse. In caso di pioggia mia madre
avrebbe posto il veto alla partita domenicale : “Domani devi andare a scuola!” Se faceva freddo, mio padre riusciva a convincerla e vincere la sua resistenza e uscivamo intabarrati come per una spedizione polare anche con i 10 gradi garantiti dal clima pegliese.

Finita la partita, l’ultimo rito, quello del cabaret di paste da Peretti, il sostanzioso pranzo e, al pomeriggio, con mio padre, incollati alla radio di casa, per la trasmissione delle partite, tutte insieme alle 15 (14.30 in pieno inverno), anche se “Tutto il calcio minuto per minuto” sarebbe arrivato solo con l’avvento degli anni ’60.

Un paio di volte all’anno mi sarebbe stato concesso anche lo stadio di Marassi a soffrire per il Vecchio Grifone.
Ma questa è un’altra storia….

Giuseppe Gorziglia

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Appuntamenti

Pegli. Domenica 21 novembre Santa Messa Solenne per la Madonna dello schiavo, con la presenza della delegazione di Carloforte

Dopo lo stop dovuto alla pandemia, riprendono i tradizionali incontri tra le comunità di Pegli e Carloforte, in occasione della ricorrenza della Madonna dello Schiavo Patrona di Carloforte.
Di fatto il simulacro della Madonna dello schiavo conservato, e venerato. a Carloforte, è un simbolo che va al di là del puro significato religioso, essendo parte integrante dell’epopea tabarchina.

La riproduzione donata da Carloforte nel 1967

La riproduzione che si trova presso la chiesa dell’Immacolata a Pegli è stato donato da Carloforte nel 1967, in quell’occasione il periodico parrocchiale pegliese “Squilli di Campane” pubblicò un inserto che si titolava “Pegli e Carloforte“. Per i lettori de Il Ponentino ne alleghiamo, qua in fondo la versione integrale in PDF, con la collaborazione della pagina FB “Carloforte nel tempo” che ci ha messo a disposizione il file.

L’appuntamento è quindi per domenica 21 novembre, alle ore 18.00, La Santa Messa Solenne presso la Chiesa di S.Maria Immacolata e San Marzano sarà concelebrata dal parroco della parrocchia carlofortin di San Carlo Borromeo don Andrea Zucca. Sarà una ulteriore occasione di incontro tra due comunità da sempre legate da vincoli di fraterne relazioni.
Il viaggio della delegazione carlofortina, che comprende anche una tappa conviviale ed enogastronomica a Recco, con la partecipazione dello Chef carlofortino Antonello Pomata, e una a Genova per la cerimoni di intitolazione di un tratto viario ai Trilli, è stata organizzato dalla Pro Loco di Carloforte.
A.R

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Associazioni & Comitati


Comitato Pegli bene comuneE’ sempre più un bel…vedere!

Sabato 6 novembre, mattinata di lavoro per i volontari del Comitato Pegli Bene Comune in un luogo tra i più belli e caratteristici del nostro quartiere Il Belvedere “Padre Guglielmo Salvi“, noto ai vecchi pegliesi come “Scoglio Vittoria”, è stato oggetto di un massiccio intervento di pulizia di scalinate, aiuole e spiaggetta🧹 Tutte le aree comuni del Belvedere sono state rimesse in ordine: raccolte e rimosse le foglie, sradicate le erbacce, portati via e avviati alla raccolta differenziata vetro e plastica, tolti quasi tutti da mare e spiaggia. Purtroppo abbiamo trovato anche molte lenze abbandonate, particolarmente pericolose per la fauna marina che rischia di impigliarsi e rimanere soffocata dalle stesse Piacevole e sorprendente, invece, la fioritura regalataci dalla lantana che ha resistito ottimamente alla siccità estiva.

Il Belvedere è già bello così, ma per tornare allo splendore di una volta avrebbe bisogno di maggiore manutenzione, cura e decoro Invitiamo le istituzioni a interessarsi a questo luogo potenzialmente stupendo, che la principessa tedesca Vittoria usava, a fine ‘800, per dipingere il panorama verso Levante di cui si poteva godere dalla terrazza del Belvedere, anzi, dello “scoglio” che le è stato dedicato da Pegli e non lontano dal quale c’è la mitica Pria Pulla!
Comitato Pegli Bene Comune (fonte pagina FB ufficiale)

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Associazioni & Comitati

Gruppo genitori di PegliPetizione per Villa Rosa

Il “gruppo genitori di Pegli” ha lanciato la petizione online: Salviamo il parco di Villa Rosa dal degrado

Come nutrito gruppo di cittadini nonché genitori dei bambini frequentanti il plesso dell’istituto comprensivo Pegli sito in Villa Rosa siamo a chiedere e pretendere la manutenzione ordinaria e per alcune cose ormai logore , straordinaria della stessa Villa .

Villa Rosa necessita di manutenzione del verde, ripristino di alcune aree che si allagano con le piogge, manutenzione di muretti pericolanti sulle zone gioco dei bambini , ripristino recinzioni delle stesse aree gioco ormai pericolose, ripristino porte da calcio tolte circa tre anni fa perché pericolanti e mai più sostituite e pulizia dei tombini otturati in quasi tutta la Villa. Siamo a chiedere l’intervento del Comune che ormai da tempo dimostra disinteresse per aree troppo importanti per il loro aspetto sociale e storico.


Vedi la petizione Salviamo Il Parco di Villa Rosa dal degrado

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©Polis SA Magazine- Redazione Liguria

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Associazioni & Comitati

Il Comitato Una Piazza Per Pegli scrive alla Civica Amministrazione

La nostra finalità, in collaborazione con le altre realtà associative e di volontariato del territorio, è quella di migliorare il look e la fruibilità degli spazi comuni del quartiere, a partire dalle aree verdi, anche con piccoli – ma efficaci – interventi di riqualificazione nella prospettiva di un più ampio intervento di rigenerazione urbana del centro storico di Pegli, incoraggiando una maggiore sostenibilità e incentivando la vocazione turistica del territorio pegliese. Abbiamo inviato una lettera al Comune di Genova e al Municipio VII Ponente per presentare 4 proposte di “urbanismo tattico” in Piazza Ponchieli al fine di migliorare l’arredo e il decoro urbano dell’area in una ottica di razionalizzazione degli spazi pubblici e rigenerazione, per rendere più sicuro, agevole e piacevole il passaggio pedonale e la fruizione dei luoghi comuni nonché migliorare l’accesso al Parco di Villa Durazzo Pallavicini, premiato nel 2017 come “Parco più bello d’Italia”. La prima proposta di “urbanismo tattico” riguarda la riqualificazione delle aiuole che ospitano le 5 palme varietà Washingtonia piantumate da Aster lo scorso luglio.

In base alle nostre informazioni, l’opera di piantumazione dovrà essere seguita, “sei mesi dopo”, dal rifacimento dei cordoli in cemento delle aiuole, visibilmente danneggiati in più punti. Crediamo che questi lavori potrebbero rappresentare un’occasione importante per allargare le aiuole, attualmente spoglie e ricettacolo di rifiuti, provvedendo al loro abbellimento mediante la messa a dimora di essenze floreali o arbustive. Condivideremo le altre proposte nei prossimi giorni. Continuate a seguirci per saperne di più.

Comitato Una Piazza Per Pegli (fonte pagina Fb ufficiale)

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Associazioni & comitati


Associazione Amici della Villa Duchessa di Galliera

Si tratta di un’associazione fondata nel 2005 con l’intento di preservare e promuovere uno dei parchi storici più importanti della Città di Genova.

Il primo obiettivo fu ridare forma al Giardino all’Italiana, che accoglie i visitatori all’ingresso del Parco, restituendogli la dignità del giardino vittoriano voluto da Maria Brignole Sale, Duchessa di Galliera, ultima proprietaria della Villa.

Lo stesso anno si convenziona con il Comune di Genova per la riqualificazione dell’area delle Cascate e apertura del padiglione del Caffè come aula verde. Nel 2007 si ha quindi grazie alla riparazione dell’impianto idraulico la riapertura delle cascate. Da lì un susseguirsi di risultati.

Nel 2013, grazie al Contributo della Compagnia di San Paolo, anche il Teatro Storico è tornato al suo antico splendore ed ha ripreso ad essere utilizzato per eventi di tipo culturale e musicale. L’Associazione ha quindi preso ad utilizzarlo come sede di eventi.

Nel 2017 è l’anno in cui il Comune di Genova conclude i lavori di restauro dello scalone monumentale del Giardino all’italiana. Ma è anche l’anno in cui è stata fondata una Associazione Temporanea di Impresa, di cui l’Associazione degli Amici della Villa fa parte, che ha partecipato e vinto il Bando di Gestione del Parco Storico di Villa Duchessa di Galliera. E il primo progetto iniziato subito è stato ricostruire le mosaicolture vittoriane volute dalla Duchessa nelle aiuole del Giardino.

Da allora i volontari dell’Associazione, in collaborazione con l’A.P.S. Sistema Paesaggio hanno in carico la manutenzione ordinaria delle aree del Giardino, Terrazze, Coffee House e Castello, insieme al teatro Storico.

Nell’ottobre 2018 la tempesta di vento che ha colpito l’intera città di Genova, ha provocato profondi danni al Parco e al Giardino, e l’Associazione degli Amici della Villa si è riorganizzata per poterla riaprire al più presto, organizzando insieme alle altre realtà giornate di volontariato nel Parco, eventi e una raccolta fondi straordinaria per poter sostenere gli oneri del mantenimento del Parco stesso.

I lavori proseguono assiduamente e costantemente, per il bene del Parco che rimane un gioiello da salvaguardare e mantenere, seppur con la scelta di mantenerlo pubblico e di libera fruizione, e il lavoro dei volontari è fondamentale per portare avanti questo splendido progetto

Logo Associazione Amici della Villa Duchessa di Galliera

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Ponente d’oltremare

Calasetta, il racconto della sua fondazione

di Remigio Scopelliti
Tra i vari tentativi di colonizzazione della Sardegna voluti dal re Carlo Emanuele III di Savoia, allo scopo di accrescerne la popolazione con genti provenienti da altre regioni, l’unico che diede i risultati sperati fu quello realizzato nel 1738 nell’isola di San Pietro con la fondazione di Carloforte.

Calasetta “La bianca”

Il re ne rimase entusiasta e manifestò da subito particolare attenzione e simpatia nei confronti dei Tabarchini che vi si erano stabiliti, tanto che, nonostante il parere contrario dei suoi ministri preoccupati per le esigue risorse economiche del regno, sborsò denaro e scambiò prigionieri islamici per riscattare buona parte dei tabarchini rimasti a Tabarca e tratti in schiavitù quando questa nel 1741 fu occupata e distrutta dal bey di Tunisi. I Tabarchini riscattati andarono ad incrementare la popolazione di Carloforte con piena soddisfazione del re.  

L’isola di Tabarca (Tunisi) ai tempi della colonizzazione Genovese

  Una nuova occasione si presentò il 25 gennaio 1769, quando 21 famiglie e tre uomini soli, per un totale di 97 tabarchini residenti a Tunisi, chiesero al vicerè Conte Vittorio Lodovico D’Hallot Des Hayes di potersi trasferire in Sardegna “come fecero le altre in altro tempo”, altri si sarebbero aggiunti, qualora l’iniziativa fosse andata a buon fine. Si trattava di persone che avevano “per ben due volte sofferto dura miserabile schiavitù” e alle quali il bey di Tunisi “aveva levato il modo di poter più sussistere in Barbaria”. Il Vicerè trasmise la richiesta al governo di Torino e iniziarono le trattative con il capitano guardacoste Giovanni Porcile, indicato come “procuratore generale delle famiglie tabarchine residenti a Tunisi”. L’accordo fu raggiunto un anno dopo, quando Carlo Emanuele III scrisse al vicerè: “Furono da noi benignamente accolte le supplicazioni, che ci rassegnaste di parecchie famiglie Tabarchine desiderose di trasferire il loro domicilio da Tunisi di Barberia nell’Isola di Sant’Antioco, mentre considerammo che non solamente con tale mezzo si accrescerebbe la popolazione dell’Isola in adempimento dell’obbligazione assunta per parte della Sacra Religione, ed Ordine Militare dei SS. Maurizio e Lazzaro nella nota concordia delli 21 marzo 1758, stipulata coll’Arcivescovo di Cagliari come vescovo d’Iglesias, ed approvata con bolle Pontificie del 16 settembre 1759, ma ancora sarebbero quelle famiglie sollevate da’ disagi che soffrono, e sottratte da’ pericoli, che loro sovrastano, se più oltre dimorassero tra gl’infedeli”. L’Isola di Sant’Antioco nel 1758 era stata infatti assegnata come commenda all’Ordine Mauriziano, che di fatto l’amministrò sino al 1840.      

Insegna del Militare e religioso ordine di San Maurizio e Lazzaro

Contemporaneamente furono date disposizioni e somme di denaro al Comandante della piazza dell’Isola di San Pietro Dellera, affinché accogliesse a Carloforte i nuovi popolatori e provvedesse ad alloggiarli provvisoriamente e a sostenerli nelle loro necessità più immediate. All’ingegnere Pietro Belly, cui era stata tempo prima affidata la direzione generale delle miniere sarde, fu assegnato il compito di restaurare i ponti che collegavano l’Isola di Sant’Antioco al resto della Sardegna, di predisporre un piano regolatore per l’erezione del nuovo villaggio in prossimità della torre di Cala Seta e di misurare e assegnare i terreni ai nuovi coloni.       

  Il 21 giugno 1770, prima ancora della definitiva stesura dei patti che furono siglati il 6 settembre dello stesso anno (data di riferimento per la nascita di Calasetta),  i Tabarchini decisero di partire alla volta della Sardegna. Alcuni di coloro che avevano chiesto il trasferimento rinunciarono e furono sostituiti da altri. Sulla Ancilla Domini, una checchia comandata dal capitano Antonio Bottarini di Venezia, s’imbarcarono 119 persone più 14 “passagieri”, alcuni dei quali si unirono ai Tabarchini. Giunti a Cagliari non ottennero il visto per sbarcare, perché si ebbe notizia di casi di peste sulla costa Tunisina. Il Vicerè, nel timore di un possibile contagio, dispose che nave e passeggeri fossero inviati fuori del regno per trascorrere un periodo di quarantena. Dopo una lunga e animata trattativa, riforniti dei viveri necessari, si decise di inviarli a Marsiglia, dove giunsero l’11 Agosto.  Il 7 settembre 1770 il Vicerè comunicava a Torino che “I Tabarchini già quarantenati in Marsiglia sono sin sotto le 23 dello scaduto mese [agosto] giunti felicemente e in buon stato di salute in Carloforte in 48 ore circa di navigazione. Dopo la solita osservazione di giorni 7 vennero ammessi […] e si sta intanto disponendo […] per installarveli al più presto nell’Isola di loro destinazione”.    

Calasetta. La Torre Sabauda

  Non sappiamo con precisione quando i Tabarchini si trasferirono definitivamente a Cala Seta, dove in pratica non esisteva ancora nulla all’infuori della torre costruita poco più di dodici anni prima, ma sicuramente vi si recarono subito gli uomini abili per iniziare al più presto i lavori necessari. Il resto della comunità rimase a Carloforte fintanto che a Calasetta non furono costruiti i primi alloggi. Ad ogni famiglia, oltre il quantitativo di terreno da coltivare, fu assegnato un lotto sul quale si doveva costruire la casa, la stalla, il fienile, destinando uno spazio per il cortile e l’orto. I Tabarchini calasettani durante i primi due anni dovettero affrontare molte difficoltà, alle quali in buona parte venne incontro l’Ordine Mauriziano con somministrazioni straordinarie di grano e di denaro. Il primo raccolto, tra l’altro assai scarso, si ebbe soltanto nel 1772, a causa dei terreni sabbiosi inadatti alla granicoltura, per un lungo periodo di siccità e per i continui danni causati al seminato dagli animali selvatici. In effetti il preventivo di spesa per il nuovo insediamento fu ampiamente superato e mise a dura prova le finanze dell’Ordine.

Progetto di Pietro Belly

Tuttavia anche questo nuovo insediamento diede un buon risultato, tanto che l’Ordine informava che i Tabarchini “dimostravano tutta la propensione al travaglio delle terre […] erano industriosi ed adatti alle arti meccaniche e al mercimonio […] insomma vi era tutta la buona apparenza che fosse per prosperare tale introdotta popolazione. Difatti ben poco furono i disturbi che da tale tempo in poi abbiansi avuti da tali popolatori, e sebbene alcune piccole doglianze siansi sentite intorno alla scarsa qualità de’ terreni, non ebbero però le medesime alcun seguito”

 I Tabarchini calasettani dovettero dedicarsi principalmente all’agricoltura, ma non trascurarono la pesca e i traffici commerciali che alcuni di loro avevano avviato a Tunisi. Tre anni dopo il loro insediamento nell’Isola di Sant’Antioco, Carlo Emanuele III autorizzò il trasferimento a Calasetta di numerose famiglie piemontesi che avevano fatto richiesta di stabilirsi in Sardegna. Fu scelta Calasetta come loro destinazione, in quanto si riteneva, tra l’altro, che avrebbero avuto maggiore facilità di comprendersi con quella popolazione, “parlando i Tabarchini una specie di italiano”, piuttosto che con i Sardi. Si dispose che in attesa di costruire nuove case a Calasetta i nuovi arrivati venissero ospitati a Sant’Antioco negli alloggi posseduti dalla Curia di Iglesias e occupati dai pellegrini in occasione della festa dell’omonimo Santo Patrono.

Calasetta Anni Venti

I Piemontesi giunsero in molti, a scaglioni, tra l’agosto del 1773 e il 1775, tanto da superare come numero i Tabarchini. L’iniziativa però non diede i risultati sperati, perché molti individui inadatti al duro lavoro richiesto, delusi per gli alloggi e i terreni loro assegnati, incapaci di adattarsi alle condizioni climatiche locali e per giunta gravemente colpiti da un’epidemia di vaiolo che invece risparmiò la popolazione tabarchina, chiesero quasi subito di essere autorizzati a tornare in patria. Essi lamentavano soprattutto il fatto che ai Tabarchini erano stati assegnati i terreni migliori, lasciando a loro quelli più sabbiosi e meno produttivi. Il governo centrale suggerì loro di piantare vigne dove non cresceva il grano, e a questo proposito inviò più di 40.000 talee di vite.    

Calasetta, il porto turistico

I Piemontesi le trapiantarono, ma per avere un raccolto decente avrebbero dovuto attendere alcuni anni, così nel frattempo il loro esodo riprese sempre più consistente, tanto che già alla metà del 1800 i loro cognomi erano quasi del tutto scomparsi a Calasetta. I pochi rimasti si integrarono totalmente con i Tabarchini, ai quali furono trasferiti i terreni e le vigne abbandonate dai Piemontesi. Una commissione inviata dall’Ordine Mauriziano poté accertare che “il terreno assegnato per le vigne era adattissimo al loro piantamento, giacché le viti che vi erano state impiantate avevano una bellissima apparenza”.                                                                     

  Fu così che la viticoltura e la produzione del vino divennero le principali attività dei Calasettani sino agli anni Settanta del secolo scorso. Si scriveva: “Egli è certo che i popolani di Calasetta traggono il loro benessere dai frutti delle vigne, altro prodotto non avendo” e ancora “si abbonda di vini anche particolari, ed invece d’introdurne di quelli della Madre Isola, se ne estrae da quegli punti, ed anche per lo smaltimento se ne fa carico di bastimenti per l’Estero”.    

Calasetta, spiaggia Sottotorre

Oggi all’anagrafe calasettana dei cognomi piemontesi di quell’epoca sono rimasti soltanto Griva e forse Amasio, mentre nel tabarchino locale non è rilevabile alcun termine piemontese, se non un “Ne?” molto frequente come intercalare.

                                                                                                                                            Contemporaneamente cominciarono a stabilirsi a Calasetta alcuni commercianti di Carloforte con le loro famiglie, pescatori di provenienza meridionale, in prevalenza siciliani che contribuirono ad incrementare l’attività di pesca, e anche sardi, dando origine ad un fenomeno immigratorio destinato ad aumentare nel tempo. Piemontesi, Meridionali e Sardi nella comunità calasettana non influenzarono più di tanto la cultura locale, nella quale si imposero decisamente i Tabarchini, in quanto componente più stabile e omogenea. A 250 anni dalla nascita del loro paese, i Tabarchini di Calasetta rivelano ancora nella loro parlata e in molte consuetudini aspetti che rimandano alla Liguria, patria dei loro antenati, al Nord-Africa, dove vissero per due secoli, alla Sardegna dove infine si sono radicati.   

Remigio Scopelliti
Nato a Calasetta il 19 settembre 1954 da padre di Carloforte e madre Barabino di Calasetta, risiede a Calasetta, è sposato e ha tre figli. Lavora come Collaboratore Direttivo in una residenza sanitaria e centro di riabilitazione. Da sempre impegnato nell’ambito della cultura locale, nel 1977 fonda con un gruppo di amici il Circolo Culturale Maccari, che per 15 anni avvierà tutta una serie di iniziative finalizzate alla valorizzazione e alla divulgazione delle peculiarità storiche, etniche, linguistiche ed ambientali di   Calasetta. È ideatore e realizzatore del Corteo Storico Calasettano, giunto nel 2019 alla sua XXII edizione, che racconta in modo spettacolare nei suoi oltre cento figuranti la storia dei Tabarchini e di Calasetta. Dal 1995 ininterrottamente fino al 2019 ha fatto parte della Maggioranza del Consiglio Comunale di Calasetta ricoprendo in successione la carica di Capo Gruppo, Vicesindaco e Assessore alla Cultura, Sindaco e ancora Vicesindaco e Assessore alla Cultura. Attualmente è Consigliere di Minoranza.  Per la sua lunga opera di ricerca storica, nel 2010 è stato insignito del titolo di Cavaliere dell’Ordine dei Santi Maurizio e Lazzaro, l’Ordine Cavalleresco di Casa Savoia che dal 1758 al 1840 governò come Commenda Magistrale l’Isola di Sant’Antioco e al quale si deve la fondazione di Calasetta.

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E pòule/Le parole

Miscio

di Fiorenzo Toso

 Questo magnifico acquerello del grande pittore ligure Sinibaldo Scorza (Voltaggio, 1589-1631) rappresenta un mendicante, una persona “miscia” per eccellenza secondo la parola usata in genovese per indicare chi è squattrinato

Si tratta di un termine ancora popolarissimo, anche parlando italiano, e le partite amichevoli di calcio tra “misci e mäpiggiæ”, tanto per fare un esempio, sono un classico del buon umore nostrano. Questa parola ha una storia piuttosto interessante. Voce “bassa” secondo Casaccia (1876), che lo traduce in modo furbesco ‘arso, asciutto, abbruciato di danaro’, è un termine privo di documentazione storica e di probabile origine gergale. Essendo da scartare per evidenti motivi fonetici la derivazione dall’italiano ‘misero’ proposta a suo tempo da Plomteux e accolta dalla Petracco Sicardi, va anzitutto considerato il significato di base del termine, che si rintraccia nel dizionario del Paganini (‘debole’, detto del vino, 1857) e che trova riscontro nei dialetti liguri rivieraschi (‘flaccido, molle’, a Sanremo). Si tratterà allora di un derivato da *MIXTIUS variante di MIXTUS participio passato di MISCERE ‘mescolare’, con riferimento, in origine, ai vini di basso prezzo e di debole gradazione, ottenuti mescolando uve diverse: un vino ‘povero’ destinato appunto a mendicanti e ad altre categorie di avventori non troppo esigenti. Interessante è anche il fatto che dal genovese la voce sia penetrata nello spagnolo dell’Argentina e del Cile (misho ‘povero’) con identico significato. In lunfardo (la parlata popolare di Buenos Aires) si può trovare anche la forma ‘shomi’ che presenta il curioso fenomeno del ‘vesre’ (da ‘revés’, rovescio), ossia l’inversione delle sillabe di una parola, un procedimento gergale a carattere espressivo e volto a ‘mascherare’ i termini per renderli inintelligibili agli estranei. 
(fonte: https://www.facebook.com/fiorenzo.toso)
Fiorenzo Toso

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Libri

“Genova e il corallo
 (Liberodiscrivere 2020) di Pier Guido Quartero ed Enzo Dagnino

“Genova e il corallo” (Liberodiscrivere Editore 2020) è il frutto di un lavoro certosino e di una ricerca durati due anni, Pier Guido Quartero ed Enzo Dagnino hanno messo alla prova le loro capacità e le loro doti, senza tralasciare la cosa più importante di tutto: la passione.

La copertina di “Genova e il corallo”
Bernardo Strozzi: “Fanciulla con Collana di corallo

di Antonello Rivano

Gli autori vengono da percorsi diversi: Quartero scrittore, ormai navigato, di romanzi storici, saggi e guide su Genova; Dagnino cultore di storia genovese e tabarchina, buon conoscitore d’archivi ed “esperto” in relazioni umane. Mentre, come prima detto, per Quartero, ci troviamo di fronte all’ennesima pubblicazione, per Dagnino si tratta di una “prima volta”, almeno come autore. I due hanno già collaborato assieme per altri lavori, come ad esempio la “Guida alla Via Romana a Genova“, scritta da Quartero e della quale Dagnino ha realizzato e curato la parte fotografica.

Gli autori: Enzo Dagnino e Pier Guido Quartero

Una nota sull’editore: “Liberodiscrivere” è una associazioneculturale senza scopo di lucro che promuove la lettura e la scrittura, nata nel 2000 da un progetto dell’architetto Antonello Cassan che ne è il direttore editoriale. “Genova e il corallo”, pur essendo pubblicato in un formato economico, è un’edizione particolarmente curata, sia nell’impaginazione che nell’inserimento di una documentazione fotografica esaustiva e di grande impatto visivo.

Bernardo Strozzi “La cuoca”

Così come specificato nella breve introduzione del libro stesso “…non si tratta, salvo per qualche piccolo approfondimento sul campo, di una ricerca innovativa, ma di una rappresentazione a tutto tondo sull’argomento, esaminato sotto diversi punti di vista, come l’antropologia, il diritto, l’arte, l’economia e via di seguito… realizzata attraverso una compilazione di quanto tratto dalle fonti disponibili.”

Pur essendo Genova una città di mare la sua economia non vede sicuramente la pesca fra le attività principali, a parte due eccezioni: la pesca del tonno e quella del corallo, due rami che, sin dal Medio Evo, i mercanti genovesi trovarono meritevoli di interesse, e in essi investirono impegno e risorse, ottenendone notevoli profitti e dando lavoro i genovesi e agli abitanti del dominio.

Particolare presepe permanente del ‘700 – Santuario della Madonnetta (Genova)

Facciamo nostre le parole di Monique Longerstay, archeologa belga-tunisina, presidente dell’associazione << Le Pays vert: la Tunisie du N.O>>, responsabile di coordinamento del progetto UNESCO <<Eredità culturale immateriale dell’avventura storica dei Tabarchini, una eredità mediterranea condivisa>>: “Genova e il corallo è uno dei lavori che non si lasciano se non quando si è letta l’ultima parola. La storia del corallo che gli autori ci raccontano in queste pagine si rivela un’autentica avventura, ricca di svolte sorprendenti”.

In effetti è proprio cosi, gli autori ci prendono per mano e ci accompagnano alla scoperta della storia dell’utilizzo e la commercializzazione del “Corallium Rubrum”, senza mai usare toni didattici, in maniera semplice e scorrevole, cosi come del resto Quartero ha abituato i suoi lettori e chi ha avuto il piacere, come chi scrive, di aver partecipato alle sue presentazioni e “lezioni” . Il lavoro di Dagnino, con la sua passione per la ricerca storica e la fotografia, si vede tutto nella ricca documentazione sia testuale che fotografica.

Particolare del pavimento realizzato con sfridi di lavorazione del corallo- “Casa del corallo
Genova”

Al corallo rosso, nel corso del tempo, sono state riconosciute proprietà religiose, esoteriche, apotropaiche, curative e persino afrodisiache e, come scopriremo nel libro, le prime tracce del suo uso si ritrovano già nel paleolitico. Con Quartero e Dagnino ripercorriamo tutta la filiera del corallo, dalla pesca alla lavorazione e infine alla commercializzazione.

Decorazioni presso Villa Duchessa di Galliera- Sala delle conchiglie-Voltri

I due autori raccontano anche di utilizzi poco conosciuti dell’“oro rosso”:  la realizzazione di pavimenti” e le decorazioni di sale dei palazzi nobiliari. Nella parte finale si parla di problemi legati al corallo e alla sua sopravvivenza, messa a dura prova da anni di pesca non certo rispettosa dell’habitat marino, ma anche di nuove tecniche per la sua tutela e la creazione di aree marine protette, ove poterlo ammirare nel suo ambiente naturale.

Uno spazio particolarmente approfondito è stato dedicato alla “fase tabarchina” della pesca genovese del corallo. Periodo legato a quell’epopea che, a partire dal ‘500, ha visto dei  liguri, in terra tunisina, pescare corallo per conto della ricca e potente famiglia dei Lomellini, per poi, a causa di sopravvenuti problemi, trasferirsi parte in Sardegna e, in minima parte, in Spagna, nel ‘700, dove hanno fondato comunità che ancor oggi vantano, e conservano, legami con la Liguria.

Ho chiesto a Pier Guido Quartero di raccontarci come è nato “Genova e il Corallo”:

Santuario della Madonnetta (Genova)-particolare)

 Per risponderti devo partire da lontano. Ricorderai che, qualche anno fa, avevo scritto e poi presentato a Calasetta e a Carloforte una Trilogia: tre romanzi in cui raccontavo, sullo sfondo delle vicende del Mediterraneo tra Cinque e Settecento, la storia dei Tabarchini. Fu in quell’occasione che conobbi un altro genovese, di Pegli, che frequenta assiduamente la vostra isola da diversi anni. Si tratta dell’altro autore che firma questo lavoro: Enzo Dagnino.

Ci siamo trovati bene, insieme, e abbiamo avviato diverse collaborazioni, tra cui la pubblicazione di una guida alla Via Romana a Genova, per la quale Enzo ha realizzato un buon servizio fotografico. Poi, una cosa tira l’altra: Sempre grazie a Dagnino, sono stato coinvolto nell’iniziativa per ottenere la certificazione UNESCO dell’esperienza Tabarchina come patrimonio immateriale dell’umanità.

L’isola di Tabarca (Tunisi) all’epoca della pesca del corallo dei liguri per conto del Lomellini

Così è successo, un paio di anni fa, che il Circolo Sopranzi di Pegli ha organizzato un incontro tra tutti i soggetti coinvolti nell’operazione, cui anche io venni invitato.

La “Trilogia tabarchina” di Pier Guido Quartero

Fu in quell’occasione che, tra un discorso e l’altro, mi tornò alla mente una cosa: nel documentarmi per la stesura delle Trilogia, avevo anche consultato un volumetto a proposito della cucina tabarchina, il cui autore è Sergio Rossi, persona preparatissima che anche tu conosci e sarebbe troppo riduttivo definire come esperto di cucina, trattandosi in realtà di un antropologo con una particolare specializzazione sui temi dell’alimentazione e della sua storia.

Proprio in quanto antropologo, Rossi non si era limitato a parlare dei piatti e degli usi alimentari dei Tabarchini, allargandosi ad altre considerazioni e informazioni relative a tutta questa vicenda. In particolare, raccontava di aver sentito parlare di contadini che, ad Aggio, in quella parte della valle del Bisagno che si arrampica verso i Piani di Creto, lavoravano il corallo, e ricordava addirittura di pavimenti realizzati da quelle parti utilizzando gli sfridi di lavorazione di quel prezioso materiale.

Tabarca (Tunisi): installazione in legno laccato in ricordo dei pescatori di corallo

Fu in conseguenza di ciò che realizzai, sul momento, il fatto che, mentre fino ad allora avevo molto sentito parlare della pesca del corallo, non sapevo nulla di tutti gli altri aspetti che potevano riguardare la materia, Mi parve perciò opportuno presentare agli altri amici l’ipotesi di approfondire l’argomento, per integrare il fascicolo UNESCO.

La risposta fu positiva, ma naturalmente ognuno aveva i propri problemi e i propri progetti, sicché rischiavo di rimanere solo con la mia bella idea.

Per fortuna c’era Enzo, con la sua formidabile capacità di entusiasmarsi e passare rapidamente all’azione. Detto fatto. Ci siamo messi all’opera (e giuro che nessuno dei due sarebbe riuscito da solo ad arrivare in fondo) e il risultato esce adesso in libreria. Anche se chi si loda si imbroda, lasciamelo dire: aemmo faéto un bello lòo  (abbiamo fatto un bel lavoro).

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La cucina

Il Pesto Genovese, simbolo della gastronomia ligure

Una salsa semplice, saporita, adattabile agli usi e alle abitudini di chi lo prepara, figlia di una terra racchiusa tra mare e i montagna.

Il Pesto e la Liguria

La Liguria, terra compresa tra mari e monti, una salsa a base di basilico, aglio, pinoli formaggio e olio di oliva. Un legame indissolubile fra il territorio e il simbolo della sua gastronomia locale.

Parliamo del “Pesto Genovese o Pesto Ligure”, che appartiene, da secoli, all’identità ligure. Così come tutti i prodotti identitari anderebbe gustato almeno una vota sul posto, osservando il mondo da cui questa salsa ha avuto origine.

Tornati a casa si potrà provare a replicare la ricetta, magari sostituendo agli ingredienti “originali” quelli che il proprio territorio offre. Allora gustando un buon pesto ci si potrà ricordare i panorami liguri: gli scorci rurali, le montagne appenniniche i versanti litoranei.

Questo simbolo della cucina ligure rispecchia il carattere di questa terra: semplice, saporito, adattabile agli usi e alle abitudini di chi lo prepara.

I liguri imparano ad apprezzarlo sin da bambini, come condimento di pasta e minestra, ed è come se fosse per loro un alimento materno.

Il nome

Il suo nome deriva da “battuto”. In passato tutto ciò che era lavorato con il mortaio veniva definito cosi. Anche per il Pesto è stato cosi sino almeno alla seconda metà dell’Ottocento. In ligure ciò che esce la mortaio è “pesto” (pestu) si diceva così anche del sale fino (sà pésta) e del pepe in polvere (pèive pésto). Con il tempo però la salsa ligure venne per essere identificata con il solo termine “pesto”, da tanto che era diventata popolare. In Liguria è ancora cosi, in ogni occasione si pronunci la parola “pesto” non c’è bisogno che si specifichi altro. Negli ultimi tempi, con la sua diffusione, sia a livello nazionale che internazionale, spesso al termine “pesto” viene associato il riferimento al luogo d’origine, per rendere più riconoscibile il prodotto, che viene così definito “Pesto Genovese o Pesto Ligure”

Storia ed evoluzione

Benché sino ad oggi si ritenesse che il Pesto fosse una salsa abbastanza recente, nata intorno alla prima metà dell’Ottocento, due documenti ci riportano fino ai primi anni del XVII secolo.
Una ricetta di quattro secoli fa cita tre ingredienti: Basilico franto, aglio e parmigiano. Nel tempo una naturale evoluzione ha portato questa specialità a diventare ciò che conosciamo.
Nel 1992, in occasione del 250° della scoperta dell’America, è nata la “Confraternita del Pesto”, con l’obbiettivo di valorizzare e conservare le caratteristiche gastronomiche tipiche, antiche e tradizionali, del Pesto, intervenendo a manifestazioni e organizzare incontri.

Da pochi decenni il Pesto si è proposto alla cucina internazionale, con ottimi risultati, grazie alla sua versatilità, cuochi di molti paesi lo hanno sperimentato sulla carne, con le verdure e in mille altre ricette moderne.

La ricetta

Di fatto, così come la sua evoluzione ci ha insegnato, non esiste un’autentica ricetta per il Pesto. Chi lo vorrà fare, nel migliore modo possibile, si procurerà gli ingredienti più adatti e disponibili nel contesto in cui vive.

Per farlo come in Liguria si parte dal Basilico Genovese DOP, a esso va associato l’Aglio di Vessalico (Imperia), presidio Slow Food, di sapore delicato e non aggressivo; i Pinoli di Pisa, dolci ed equilibrati; l’Olio Extravergine D’Oliva Riviera Ligure DOP, delicato e aromatico al punto giusto; il Parmigiano Reggiano DOP, meglio se stravecchio, di sapore intenso e rotondo; il Pecorino Fiore Sardo DOP, dal carattere più deciso ma sempre equilibrato, e il sale marino a grana grossa.

4 mazzi di basilico (60-70 gr in foglia
30 gr di pinoli
40-60 gr di parmigiano
20-40 gr di pecorino sardo grattugiato
1-2 spicchi d’aglio
10 gr di sale marino grosso
60-80 gr di olio extravergine di oliva

Preferibilmente tutto “pestato” nel mortaio di marmo.

(ricetta tratta da pestochampionship.it ) 

Tutte le informazioni, e parte del testo, sono tratte da
Pesto-tradizione e futuro,
 di Sergio Rossi
(SAGEP editori 2012)

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L’angolo della poesia

“Zéna” di Margherita Crasto

ZÉNA

U bezagnin u criòva in sciâ ciasétta
a freschéssa da só früta,
dau lau gh’éa i pésci:
– Anciùe bele! – cantova u pescàu.
A dónna russa,
cui só öggi penetrantiinte ‘na faccia pitüò
dai turmenti da vitta,a sercova cartuin.
I gatti àivan puìa di ratti.
Inti carugétti ôduì mòi ascurdè.
I tàiti griggide ‘na lavagna unde nu se scrive,
u sé tütt’asémme aragiàude ‘n tempurole estivu.
Custràita tra u mò e a muntagna,
t’è lasciàu ‘na traccia intu mé cö… Zéna.

Genova

Il fruttivendolo gridava sulla piazzetta
la freschezza della sua frutta,
accanto aveva i pesci:
– Acciughe belle!- cantava il pescatore.
La donna rossa,
con i suoi occhi penetranti
in una faccia pitturata
dai tormenti della vita cercava cartoni.
I gatti avevano paura dei topi
Nei vicoletti odori mai dimenticati.
I tetti grigi di una lavagna dove non si scrive
Il cielo all’improvviso arrabbiato di un temporale estivo.
Costretta tra il mare e la montagna,
hai lasciato una traccia nel mio cuore… Genova

Margherita Crasto

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